Riguardo i gravi ritardi nell'attuazione della legge sull'equo compenso, e il parallelo avvio di nuovi piani di sostegno all'editoria (annunciati dal Sottosegretario Giovanni Legnini il 6 agosto 2013), rilanciamo un articolo del collega Maurizio Bekar, vicesegretario dell'Assostampa FVG e coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, pubblicato dal sito web dell'Associazione Articolo 21.
Di seguito il pezzo, e il link per leggerlo sul sito di www.articolo21.org.
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CHE FINE HA FATTO L'EQUO COMPENSO PER I GIORNALISTI FREELANCE?
di Maurizio Bekar *
Che fine ha fatto l'equo compenso? Quello per i giornalisti
lavoratori autonomi, stabilito dalla legge 233/2012: in vigore da
gennaio, ma inapplicata perché non ne sono state ancora emanate le
norme attuative. E questo sebbene la maggioranza dei giornalisti
siano oggi freelance e cococo che, per la mancanza delle tutele di un
contratto da dipendente, lavorano in condizioni fortemente
sottopagate, e spesso sotto la soglia della povertà.
Nel frattempo il 6 agosto è stata annunciata l'intesa tra il Governo
e i rappresentanti di editoria ed informazione per degli interventi
pubblici per favorire la ripresa del settore. Interventi, beninteso,
ragionevoli e condivisibili. Ma la loro erogazione dovrà essere
condizionata al rispetto dell'equo compenso dei collaboratori non
contrattualizzati, così come prescrive l'art. 3 della legge 233.
LA LEGGE SULL'EQUO COMPENSO
La legge 233/2012, richiamando l'art. 36 della Costituzione (“Il
lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità
e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a
sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”) riconosce
ai giornalisti lavoratori autonomi il diritto a un equo compenso. E,
per farlo, all'art. 1 stabilisce che: “(...)
per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione
proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto,
tenendo conto della natura, del contenuto e
delle caratteristiche della prestazione nonché della
coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva
nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un
rapporto di lavoro subordinato”.
Giova ricordare che, secondo i dati dell'INPGI, l'ente contributivo
dei giornalisti, la maggioranza dei freelance e cococo guadagna oggi
meno di 10.000 euro lordi l'anno, e in larga maggioranza meno di
5.000, con spese di produzione a carico. E' evidente da queste cifre,
da nessuno mai contestate, che la condizione media dei freelance e
parasubordinati è oggi ben lontana da quanto prevede l'articolo 36
della Costituzione, e dalla possibilità di condurre una vita
autonoma.
Come pena per il non rispetto della legge, l'art. 3 stabilisce che “A
decorrere dal 1º gennaio 2013 la mancata iscrizione
nell'elenco di cui all'articolo 2 (delle testate che rispettano
l'equo compenso, n.d.r.) per un
periodo superiore a sei mesi comporta la decadenza
dal contributo pubblico in favore dell'editoria, nonché da eventuali
altri benefici pubblici,
fino alla successiva iscrizione”.
LA SITUAZIONE ATTUALE
E' quindi evidente anche dall'incipit dell'art. 3 che la legge 233
dovrebbe essere già applicabile. Dove sta allora il problema? Nel
fatto che una commissione di sette rappresentanti ministeriali, di
giornalisti ed editori, presieduta dal Sottosegretario all'editoria,
deve prima stabilire esattamente quale sia l'equo compenso e stilare
l'elenco degli editori che lo rispettano. E la commissione, ai sensi
dell'art. 2 della legge, avrebbe dovuto adempiere a tali compiti già
entro la metà di aprile. Ma questa è stata insediata solo a metà
giugno, e i suoi lavori paiono ancora nella fase istruttoria.
L'impressione è che l'iter di questa legge, dopo una contrastata
gestazione parlamentare, preceda con il freno a mano sempre tirato.
Tanto che continuano ad emergere opposizioni, distinguo e tentativi
di sue interpretazioni restrittive. Al nuovo Sottosegretario
all'editoria, Giovanni Legnini, va dato atto di essersi subito
impegnato per l'insediamento della commissione, rigettando le
eccezioni avanzate dagli editori e avviando delle audizioni anche con
rappresentanze di freelance e precari. Ma, ugualmente, preoccupano i
dilazionamenti dei tempi, le resistenze degli editori come se la
legge non fosse stata approvata dal Parlamento, e il mancato esame di
merito di proposte attuative.
LE PROPOSTE D'ATTUAZIONE
Sul tavolo governativo - essendo stato ritenuto non proponibile
varare un tariffario, per contrasto con il decreto sulle
liberalizzazioni delle professioni - risulta oggi esistere una sola
proposta: quella formulata fin dal marzo scorso dalla Commissione
nazionale lavoro autonomo della Fnsi, il sindacato dei giornalisti.
Proposta che, in coerenza
tecnica con la legge, rapporta l'equo compenso al tempo necessario
per svolgere un incarico e al corrispondente trattamento previsto
per i dipendenti, più alcune clausole di salvaguardia (per rimborsi
spese, contributi, eventuali condizioni di maggior favore, e casi di
mancato accordo). Ma quell'unica proposta non risulta ancora
esaminata nel merito.
LE SANZIONI
Non sfugga poi un aspetto centrale della legge 233: le sanzioni agli
editori che non la rispettano. Ai sensi dell'art. 3, queste sono
"...la
decadenza dal contributo pubblico in favore dell'editoria,
nonché da eventuali altri benefici pubblici...”.
L'inciso “eventuali altri benefici pubblici” ricomprende
giuridicamente ogni forma di contributo e sostegno pubblico
all'editoria, diretto e indiretto:
dai contributi economici nazionali ai provvedimenti regionali, ad
ogni forma di sostegno indiretto (dalle tariffe e crediti agevolati
agli incentivi fiscali, dai contributi per ristrutturazioni, agli
aiuti alle start-up). In altre parole: se un editore vuole usufruire
di qualsiasi forma di
sostegno o agevolazione pubblica, nazionale o regionale, deve
rispettare l'equo compenso previsto dalla legge 233/2012. E tale
vincolo va quindi applicato anche ai nuovi benefici per l'editoria,
del citato accordo nazionale del 6 agosto.
LE PROSPETTIVE
L'applicazione della legge sull'equo compenso è quindi urgente
e indifferibile. E non solo perchè i suoi termini
d'attuazione sono già da tempo superati, ma soprattutto perchè ad
attenderla, finora invano, sono circa 20.000 lavoratori autonomi,
cioè la metà dei giornalisti attivi. La larga maggioranza dei
quali, pur lavorando continuativamente e riempiendo di notizie ed
articoli le più svariate testate, guadagna meno di 10.000, o anche
solo 5.000, euro lordi l'anno.
E' questa l'urgenza a cui tutti sono tenuti a dare una risposta.
Perchè le piaghe del precariato senza sbocchi e del lavoro
sottopagato fin sotto la soglia della povertà necessitano di
risposte concrete. Non di rassicurazioni, dilazionamenti e di altri
rinvii.
(12 agosto 2013)
*Maurizio
Bekar, freelance, consigliere nazionale della Fnsi, è membro e
coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Il link all'articolo sul sito di Articolo 21:
http://www.articolo21.org/2013/08/che-fine-ha-fatto-lequo-compenso-per-i-giornalisti-freelance
DOCUMENTAZIONE:
-
La legge 233/2012 “Equo compenso nel settore giornalistico”:
-
La proposta per l'equo compenso della Commissione nazionale lavoro
autonomo della Fnsi: