31 luglio 2014

CONTRATTO GIORNALISTI: A REFERENDUM, MA COL TRUCCO


La lettera sottoscritta dalla Clan-Fnsi*





I nostri padri ci hanno insegnato tante verità: una di queste è che il veleno sta nella coda: in cauda venenum. E basta una veloce occhiata nella delibera con cui, bontà sua, la Fnsi concede un referendum sul contratto di lavoro appena sottoscritto con le controparti datoriali per scoprire dov'è, nemmeno troppo nascosto, il veleno: se non ci sarà il quorum degli aventi diritto, ossia il 50%+1, non si procederà allo spoglio. E in questo caso non sapremo cosa pensano le giornaliste e i giornalisti italiani sul contratto firmato e sull'operato del sindacato al riguardo.
A parte la singolarità di un referendum su un accordo già sottoscritto che, forse, sarebbe stato molto meglio tenere prima dell'eventuale firma, è inevitabile domandarsi che cosa succederebbe, per esempio, nel caso che il quorum fosse raggiunto e il risultato dello scrutinio dimostrasse che la categoria boccia l'operato della segreteria e della giunta della Fnsi: quali dovrebbero essere le conseguenze pratiche? Il ritiro della firma, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe? Si potrebbe considerare un voto di sfiducia alla dirigenza, che è comunque uscente e già in pieno dibattito precongressuale?
E perché negare lo scrutinio in caso di mancato raggiungimento del quorum? È un modo di tacitare la voce di quelli che andranno a votare, per quello che rischia di essere più un sondaggio postumo che una consultazione di lavoratrici e lavoratori? Oppure intende che in caso di raggiungimento del quorum il voto sarebbe vincolante per segreteria e giunta? Dalla delibera non si capisce.
Ciò che però è chiaro è che un quorum del 50% + 1 “degli aventi diritto al voto” è un traguardo difficile raggiungere, ben superiore alle partecipazioni al voto che si registrano solitamente nelle elezioni degli organismi di categoria. Inoltre nel referendum sul contratto del 2009 non venne imposto alcun quorum per la validità della consultazione, i cui esiti vennero però considerati politicamente vincolanti.
Infine non si può non notare che per questo referendum le Assostampa sono vincolate ad allestire un minimo di un seggio elettorale per regione, e come facoltà al massimo uno per provincia, il che certo non favorirà un'alta partecipazione al voto.
Se la Giunta della Fnsi volesse dimostrare volontà di favorire la partecipazione e di dare valore a questo voto, dovrebbe quindi ripetere la decisione del 2009, togliendo il quorum minimo e stabilendo inoltre l'obbligo di un più congruo numero di seggi, calibrati a seconda della dimensione territoriale e dei possibili votanti.
Visto che ormai siamo già in dibattito precongressuale, certamente il tema dovrà tornare ad essere esaminato, a differenza di quanto è successo fino ad ora, come in particolare allo scorso congresso Fnsi a Bergamo.
Per ora le regole della delibera rendono necessario andare a votare, e portare a votare le colleghe e i colleghi. Anche quelli che si sentono più lontani dal sindacato, quelli che si sentono (e non sempre a torto) ignorati o umiliati, come è successo con i tariffari sull'equo compenso.
Questo non è il tempo di stare zitti, lasciando ad altri il compito di interpretare i nostri sentimenti. Questo è il tempo di andare a votare.
(29 luglio 2014)

(*) Nota di:
Giovanni Ruotolo - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Maurizio Bekar – coordinatore Commissione nazionale lavoro autonomo, consigliere nazionale Fnsi
Susanna Bonfanti - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Moira Di Mario - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Dario Fidora - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione Lavoro Autonomo Assostampa Sicilia
Francesca Marruco - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, direttivo Assostampa Umbria
Saverio Paffumi - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione lavoro autonomo Associazione Lombarda dei Giornalisti

18 luglio 2014

GIORNALISMO LOW COST ? AHI, AHI, AHI...


L'intervento di Alessandro Martegani, segretario dell'Assostampa Fvg,
a proposito di Agon Channel, tv italiana delocalizzata in Albania.


E ora arriva anche la “Ryanair della tv italiana”… Come se non bastassero tutti i problemi e le umiliazioni a cui sono già sottoposti il giornalismo e i giornalisti italiani, dobbiamo anche assistere alla celebrazione delle basse retribuzioni e dei cronisti tuttofare. Non posso infatti condividere i toni soddisfatti che emergono dall’intervista rilasciata dal collega Alessio Vinci al Corriere della Sera (http://www.corriere.it/spettacoli/14_luglio_15/arrivo-tv-fatta-albania-reality-serie-parlano-italiano-d5dbcbf4-0bec-11e4-b3f9-bc051e012a1f.shtml) e ripresa da vari giornali on line, quando annuncia l’ormai prossimo avvio delle trasmissioni di una nuova Tv italiana, delocalizzata in Albania, definita, con un paragone infelice, la “Ryanair della Tv italiana”. 

Il concetto è semplice: delocalizzare una tv generalista in Albania per pagare di meno dipendenti e strutture, e far fare ai giornalisti un po’ di tutto, dal loro lavoro, al montaggio alle riprese; il tutto, assicura Vinci, direttore della nuova Tv, permetterà “di produrre una trasmissione di qualità a un decimo del costo”. "Non c'è più spazio per le grandi redazioni con decine di colleghi che fanno al massimo un servizio al giorno” proclama il neo direttore: la nuova redazione sarà composta da cronisti “che sanno, da soli, realizzare un servizio video, dalle riprese al montaggio”. 

Evidentemente al collega sfugge che i tempi delle “grandi redazioni con decine di colleghi che fanno al massimo un servizio al giorno” sono finiti da un pezzo, con rare eccezioni, e che il modello proposto dalla nuova illuminata direzione per il settore informativo viene applicato costantemente da anni nella stragrande maggioranza delle Tv locali e non, con risultati del tutto discutibili dal punto di vista della qualità e della correttezza dell’informazione. 

È evidente infatti che un collega incaricato di fare più servizi al giorno, spesso su temi del tutti differenti, curando anche immagini e montaggio, ben difficilmente avrà il tempo per un’accurata e doverosa ricerca e verifica delle notizie. Riunire in una sola persone tre professionalità diverse, altamente specializzate, e realizzare da soli un prodotto che solitamente è il risultato del contribuito di tre colleghi, ben difficilmente migliora la qualità. 

A smentire i toni trionfalistici di Vinci ci sono purtroppo anni di recente storia del giornalismo italiano, con editori alla ricerca continua di tagli e risparmi, che non hanno certo portato a una maggiore qualità, nonostante gli sforzi e l’impegno di migliaia di colleghi che spesso lavorano con paghe da fame e rapporti di lavoro precari

Lo stesso slogan della “nuova” esperienza televisiva, (“Il protagonista sei tu”), mi sembra l'ennesimo tentativo di riempire gli spazi con i contributi gratuiti degli utenti, non certo una ricerca di professionalità e di buona tv. 

Sia chiaro: siamo in un’economia di mercato, tutti hanno diritto di delocalizzare e d’impostare la propria azienda come meglio credono, ma presentare una simile operazione come una “novità”, una ricerca di qualità televisiva e di un nuovo modello, mi sembra del tutto fuori luogo. 

Sono poi curioso di sapere con quali paghe e quali inquadramenti saranno reclutati i colleghi che lavoreranno per la nuova Tv, e magari se anche i quadri dirigenti saranno sottoposti allo stesso criterio di retribuzione già annunciato per il personale che, come dice Vinci, “in Albania costa meno” consentendo di “produrre una trasmissione di qualità a un decimo del costo".

08 luglio 2014

L'INCONTRO DI UDINE SULLA NARRAZIONE DEI TERREMOTI


"LA NARRAZIONE DEL TERREMOTO IN FRIULI VENEZIA GIULIA ED IN ABRUZZO"



Mercoledì 9 luglio, ore 19, 
Circolo della Stampa di Udine.



Promosso dal Circolo della Stampa di Udine insieme al Coordinamento precari e freelance e all'Assostampa Fvg, presso la sede di via Manin 18.



Incontro pubblico dal tema:


"La narrazione del terremoto in Friuli Venezia Giulia ed in Abruzzo". 

L'importanza dei media per la popolazione.



Interverranno :

- Manuela Farinosi, docente a contratto di Sociologia della Comunicazione presso l'Università degli studi di Udine. E' curatrice con Alessandra Micalizzi del libro “NetQuake. Media digitali e disastri naturali. Dieci ricerche empiriche sul ruolo della Rete nel terremoto dell'Aquila”.

- Igor Londero, ricercatore di Storia al Dipartimento di Storia e Storia dell'Arte, presso l'Università degli studi di Trieste. E' autore del libro “Pa sopravivence, no pa l'anarchie. Forme di autogestione dell'emergenza nel Friuli terremotato: l'esperienza della tendopoli di Godo (Gemona del Friuli)”.


L’incontro si terrà nella sala piccola attigua all’ufficio dell’Ordine e dell’Assostampa ed è aperto a tutti gli interessati.




I due relatori (Manuela Farinosi in piedi e
 Igor Londero seduto sulla sinistra) ritratti
durante la serata.


04 luglio 2014

LEGGENDE METROPOLITANE SULL'EQUO COMPENSO


Alcune osservazioni

su lavoro autonomo e contratto giornalistico





C'è una leggenda metropolitana che si sta diffondendo, a dispetto della realtà. La leggenda è che la legge sull'equo compenso per i giornalisti lavoratori autonomi sia stata scritta con i piedi, e dunque sia inapplicabile. E che le valutazioni negative sui suoi recenti esiti siano perciò da attribuire al pessimo lavoro del legislatore, ad aspettative eccessive degli autonomi, e alla demagogia sparsa a piene mani sul tema.

Ma le cose non stanno affatto così. Infatti la legge 233/2012 già all'articolo 1 (1) stabilisce un principio di chiarezza solare:l'equo compenso va riconosciuto a tutti i giornalisti senza contratto di lavoro subordinato, e ciò in attuazione dell'articolo 36 della Costituzione (2), e in “coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”. Non serve pertanto un particolare sforzo esegetico per capire a chi va applicata la legge e quali debbano essere i parametri retributivi (3). Non si capisce pertanto quali possano essere i supposti problemi di interpretazione ed applicazione.

Altra eccezione, più volte sollevata, è la presunta violazione dell'eguaglianza dei diritti, dato che la legge 233 si rivolge solo al lavoro giornalistico. Ma in realtà è assodato che una legge speciale può derogare alla legge generale con eccezioni positive (trattamento di miglior favore) o negative (come l'esclusione degli iscritti agli Ordini professionali dalle disposizioni della legge “Fornero” 92/2012)(4). Quindi si è nel pieno della regolarità legislativa.
Peraltro, richiamandosi alla valenza erga omnes dei contratti collettivi di lavoro (ai sensi dell'art. 39 comma 3 della Costituzione) (5) basterebbe varare una norma che estende a tutti i lavoratori non subordinati, di tutti i settori, il diritto a un compenso parametrato ai rispettivi contratti collettivi di lavoro. Che è proprio quanto vanno proponendo da un anno a questa parte alcuni parlamentari del Pd (Gribaudo, Paris, Madia, Gnecchi, Gregori) in Commissione lavoro alla Camera. E’ l’unico criterio che, proporzionalmente, può portare al rispetto del più elementare criterio di eguaglianza fra persone, fra cittadini, fra lavoratori: parità di compenso a parità di lavoro. Un principio che per il sindacato, per tutti i sindacati, dovrebbe essere una storica bandiera.

Altra leggenda metropolitana è che le sanzioni agli editori previste dalla legge 233 riguarderebbero solo “la decadenza del contributo pubblico a favore dell'editoria”, e che questo va oramai solo a una percentuale irrisoria di editori. Fermo restando che la richiesta di tutte le parti, compresa l'Fnsi, è quella del rifinanziamento di tali contributi, da estendere quindi a una platea più ampia, la legge stabilisce però un'altra sanzione: la decadenza “da eventuali  altri  benefici  pubblici”. E anche su questa definizione non c'è necessità di grande esegesi, atteso che è volutamente ampia, e come tale omnicomprensiva di qualsiasi forma di aiuto o agevolazione pubblica (6) Il che estende di molto il bacino delle possibili sanzioni.
C'è poi chi sostiene che non ci si può appigliare come sanzione agli “altri  benefici  pubblici”, perché questi comprendono anche interventi a sostegno dei lavoratori, come gli ammortizzatori sociali, e quindi questo passaggio non va applicato. Va invece detto che la legge 233 ha lo scopo di spingere le aziende al rispetto dell'equo compenso, e quindi la ratio delle sanzioni è che queste vadano sì applicate, ma agli editori, e non certo a danno di incolpevoli giornalisti e lavoratori. Va quindi posta una distinzione nell'applicazione delle sanzioni, e non ignorata tout court questa possibilità di sanzione, espressamente prevista.

Alla luce di questi ragionamenti, l'equo compenso da riconoscere (“in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria...”, come da art. 1 della legge) andava rapportato al tempo necessario per svolgere un lavoro, e retribuito in diretta proporzione allo stipendio di un contrattualizzato. In pratica: per le aziende che applicano il contratto Fnsi-Fieg era da riferirsi a quei parametri contrattuali, e analogamente agli altri contratti collettivi applicati (AerantiCorallo, Uspi). Ed era proprio questa la proposta della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, presentata al tavolo dell'equo compenso ma osteggiata e non sostenuta, perchè ritenuta suppostamente “troppo onerosa”, benché rispondente al dettato e allo spirito della legge 233. Così, dal piano di applicazione e rispetto della legge, si è passati a quello di una sua arbitraria interpretazione, pesantemente restrittiva.

Anche per questi motivi il contratto collettivo nazionale, soprattutto nella parte normativa, dovrebbe tenere unito un lavoro che si è sempre più frammentato. E nella proposta di nuovo contratto giornalistico c'è sì un piccolo germe di contrattazione inclusiva. Ma assolutamente inadeguato, proprio perché non mette un argine alle spinte degli editori alla precarizzazione strutturale del lavoro. E le soluzioni adottate per l'equo compenso influiscono in maniera importante su questa dinamica. Queste infatti hanno legittimato delle basse retribuzioni, inferiori non solo ai parametri dei contrattualizzati, ma anche a quelle dei collaboratori fissi ex art. 2 e 12 del contratto Fieg-Fnsi, andando così a minare l'utilità di possibili assunzioni, per il fatto che i collaboratori esterni costano molto meno. E i collaboratori solitamente hanno, per l'estrema debolezza della loro posizione e la ricattabilità economica, uno scarsissimo potere di contrattazione individuale.

Per questo non è possibile essere soddisfatti dell'ipotesi di nuovo contratto. E pensare che comitati di redazione e ispettori del lavoro Inpgi possano, come per incanto, intervenire con la necessaria efficacia laddove finora non è stata attuata o possibile, o lasciare tutto sulle spalle della parte più debole, cioè il collaboratore “che dovrebbe far causa in tribunale”, sapendo però che così perderà per anni il lavoro, è un più auspicio molto ottimistico che una previsione realistica.

La realtà è che il nuovo contratto non ferma affatto la deriva del lavoro precario e sottopagato. E per questo non possiamo condividere l'idea di chi sostiene che questo è il primo di una serie di passi verso il riconoscimento dei diritti di lavoratori oggi relegati nella terza classe del giornalismo.

Infine, considerazione piuttosto banale, ma ineludibile, non abbiamo davanti a noi anni di tempo per attendere gli esiti di questo virtuoso percorso: le bollette e i costi della vita li dobbiamo pagare oggi. Ed abbiamo oggi bisogno di risposte molto concrete. Che qui non vediamo.



Giovanni Ruotolo - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Maurizio Bekar – coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo, consigliere nazionale Fnsi

Susanna Bonfanti - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Moira Di Mario - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Dario Fidora - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, coordinatore Commissione Lavoro Autonomo Assostampa Sicilia

Francesca Marruco - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, direttivo Assostampa Umbria

Saverio Paffumi - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione lavoro autonomo Associazione Lombarda dei Giornalisti

Leonardo Testai - coordinatoreCommissione Informazione Precaria Assostampa Toscana

Laura Viggiano - Commissione nazionale lavoro autonomo, Commissione Contratto Fnsi


NOTE:

1) Art.1 L.233/2012: «Finalità definizioni e ambito applicativo 1. In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge è finalizzata a promuovere l'equità retributiva dei giornalisti iscritti all'albo di cui all'articolo 27 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive». 2. Ai fini della presente legge, per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato».

2) Articolo 36 Costituzione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».

3) Preleggi del Codice Civile: «Art. 12 Interpretazione della legge. Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato».

4) Si veda p.es. questa formulazione: Art. 1 comma 28 della legge “Fornero” 27. «La disposizione concernente le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in albi professionali, di cui al primo periodo del comma 3 dell'articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l'esclusione dal campo di applicazione del capo I del titolo VII del medesimo decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l'iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l'esclusione dal campo di applicazione del suddetto capo I del titolo VII».

5) Art. 39 Costituzione, comma 3: «I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce».

6) L 233/2012: «Art. 3. Accesso ai contributi in favore dell'editoria 1. A decorrere dal 1º gennaio 2013 la mancata iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 2 per un periodo superiore a sei mesi comporta la decadenza dal contributo pubblico in favore dell'editoria, nonché da eventuali altri benefici pubblici, fino alla successiva iscrizione».

02 luglio 2014

EQUO O INIQUO COMPENSO PER I GIORNALISTI FREELANCE ?


Dieci domande al Sottosegretario all’editoria, on. Luca Lotti
(di Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella, Laura Viggiano)*






Signor Sottosegretario, On. Lotti,

abbiamo sostenuto con convinzione l’approvazione della legge sull’equo compenso per i giornalisti autonomi, ritenendo che fosse un elemento di civiltà del lavoro, da estendere quanto prima anche agli altri settori. E dare così attuazione al diritto di questi lavoratori all’equa retribuzione, così come stabilisce l’art. 36 della Costituzione.

Siamo quindi rimasti sconcertati per come sia stata data invece attuazione alla legge, in una Commissione da Lei presieduta, tramite due delibere che svuotano di fatto il diritto costituzionale all’equo compenso, violando lo spirito e la lettera della legge 233/2012. E non è solo una questione di tabelle retributive, ma anche di violazioni palesi del testo normativo, che all’articolo 1 prevede che l’equo compenso si debba riconoscere a tutti i “giornalisti non subordinati” iscritti all’Albo. Invece sono state introdotte pesanti restrizioni alla platea cui avrebbe dovuto essere applicato.

Siamo poi rimasti sconcertati pure da alcuni Suoi commenti, collegati anche al decreto per i contributi all'editoria da Lei firmato (La Repubblica, 25 giugno 2014).

Ci sentiamo quindi in dovere di porLe pubblicamente, da giornalisti e da lavoratori autonomi interessati da questi provvedimenti, alcune domande:

1) Nell'intervista Lei afferma che “Equo compenso è una definizione sbagliata. Quella giusta è compenso minimo garantito. Prima gli articoli erano pagati da alcune aziende 5 euro e anche meno. Adesso il minimo è 20”. Ovviamente sono lordi. Il che, al netto, è quasi la metà, con le spese a carico. Lei ha mai scritto professionalmente un articolo? Lo sa quanto tempo di lavoro può esserci dietro 15-20 righe scritte da un collaboratore?

2) La delibera approvata prevede anche cifre come 6,25 euro lordi per una prestazione professionale per agenzie di stampa e web. La legge 233/2012 sull'equo compenso stabilisce che la remunerazione dev'essere “proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” tenendo conto “della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”. Quindi: ci può spiegare sulla base di quali criteri e calcoli oggettivi sono state definite quelle tabelle?

3) Crede che l’Unione Europea, tenuto conto dei provvedimenti presi da più organismi sulle questioni della libera informazione, sottopagata, apprezzerà le cifre e il presunto ragionamento in base al quale sono state stabilite?

4) Che le cifre della delibera siano dei minimi è chiaro. Ma gli editori che riconoscono compensi superiori ai “minimi” sono rari. In ogni caso il problema è che parliamo di un minimo ritenuto “equo” ai sensi di legge, inferiore anche a quello di una colf, che in media guadagna 10 euro l'ora. Effettivamente sarebbe sbagliato parlare di equo compenso. Ma allora che differenza c’è tra il minimo retributivo deliberato e l’equo compenso che avrebbe dovuto definire la Commissione istituita dalla legge?

5) La Legge n. 233/2012 afferma che viene emanata “in attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione”, il quale recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Secondo lei, è giusto parlare, come fa qualcuno, solo di aspettative negate, alla luce delle decisioni assunte?

6) La legge sull’equo compenso è nata anche per fissare un principio: la soglia di dignità al di sotto della quale è indecoroso ed insostenibile fare questa professione. C'è chi ha calcolato che, secondo gli standard tipici di lavoro di un freelance, con le tariffe approvate, lavorando 48 ore la settimana si verrebbe retribuiti circa 2,6 euro all'ora. Lordi. E con spese a carico. Invece, in Danimarca un freelance viene retribuito mediamente dai 30 ai 40 euro l'ora. E in Brasile 33 euro a cartella (a cartella, non a pezzo...). Non Le sembra che fissare per legge come “equo compenso”  6, 10 o 20 euro a pezzo significa legalizzare la sottoretribuzione? E che questo renderebbe anche più difficile rivendicare un diritto per via legale?

7) Prevedere negli accordi da Lei firmati dei salari d’ingresso a retribuzione ribassata, e “sconti” contributivi estesi anche ai contratti a tempo determinato, non Le sembra una rinuncia a legare gli aiuti agli editori alla creazione di nuova occupazione davvero stabile, e non sottopagata?

8) Sempre in riferimento al decreto sull'editoria, che prevede aiuti per l’assunzione di “giovani”: lo sa che la maggioranza dei giornalisti precari non è più “giovane”, ma ha in media un’età di 40 e più anni, con una professionalità ultraventennale?

9) Il costo aziendale lordo base di un giornalista dipendente con contratto Fieg-Fnsi oggi oscilla dai 38 ai 49 mila euro lordi l’anno. Ci spiega, allora, perché gli editori dovrebbero assumere dei redattori con contratto da dipendente, se potranno invece usare dei collaboratori che, per scrivere alcune centinaia di pezzi l’anno, verrebbero a costare meno di 6 mila?

10) Signor Sottosegretario, non conosciamo esattamente la Sua attuale retribuzione. Ma Lei, dopo anni di sfruttamento, accetterebbe di lavorare ancora con una retribuzione sottopagata rispetto agli inquadramenti contrattuali e, per giunta, a tempo determinato e con l’avallo del Governo? Come si sentirebbe?


 (*) Rappresentanti dei freelance nella Commissione nazionale contratto Fnsi