UNA LETTERA APERTA, FIRMATA DA 11 GIORNALISTI FREELANCE ITALIANI, E' STATA CONSEGNATA DA QUALCHE GIORNO AL PONTEFICE, PAPA FRANCESCO.
Papa Francesco |
Tema: le condizioni di sfruttamento e mancanza di tutele in cui versano in Italia la maggior parte dei giornalisti lavoratori autonomi. Che, secondo dati ufficiali, sono oggi il 60% di quelli attivi, a fronte di un 40% con contratti da dipendenti.
Gli undici firmatari, rappresentativi di varie realtà regionali, sono membri della Commissione nazionale Lavoro autonomo della FNSI, e di altri organismi nazionali e regionali di categoria.
Impegnati per l'attuazione della legge sull'equo compenso dei giornalisti non dipendenti, si appellano al Pontefice affinchè li aiuti “a far capire a tutti i cittadini e alle istituzioni, spesso sorde, che in Italia i giornalisti lavoratori autonomi sono in larga parte tutt'altro che dei privilegiati”, e che dev'essere rispettata la loro “dignità di lavoratori, che hanno diritto a un presente e a un futuro di vita personale”.
Il testo della lettera inviata al Pontefice:
A Sua Santità, Papa Francesco
Santo Padre,
sappiamo
che, rispetto ai gravi mali del mondo, noi che Le scriviamo non ci
troviamo tra gli “ultimi” dell'umanità. E neppure tra i penultimi.
Siamo, in effetti, fra tanti altri.
Siamo
giornalisti, e la nostra “missione” è l’informazione: rendere pubblici i
fatti che i cittadini hanno il diritto di conoscere. E perciò
raccontiamo, malgrado tutto, ciò di cui siamo testimoni.
Diciamo
“malgrado tutto”, perché la maggioranza dei giornalisti italiani
appartiene alla fascia disagiata e precaria dei lavoratori autonomi. Ma i
mezzi di comunicazione per cui lavoriamo non danno certo spazio e voce
alle nostre istanze. Non riusciamo così a raccontare ai cittadini la
gravità della nostra condizione lavorativa. Tanto che in molti credono
che siamo una casta, che gode di privilegi ben al di sopra dello
standard di vita medio della popolazione.
Come
giornalisti e cittadini abbiamo ascoltato le Sue recenti parole, forti e
chiare, pronunciate il 22 settembre a Cagliari ma anche altrove, sulla
dignità del lavoro e delle persone, sul dramma della disoccupazione e
delle speranze disilluse. Perciò Le scriviamo affinché si sappia che noi
siamo sì giornalisti, ma non i privilegiati a cui tanti pensano.
Siamo
lavoratori, con o senza Partita IVA, costretti dalla crisi a esercitare
una “libera professione” che si trasforma in una prigione di stenti e
difficoltà economiche, perché il nostro compenso viene deciso e imposto
da altri.
Molti di noi, pur
lavorando a tempo pieno e senza orari, non guadagnano neppure quanto
serve per mantenersi; tanto che sono costretti a contare sulla
solidarietà dei propri cari, nell'attesa di tempi migliori; che però non
giungono.
La
maggior parte di noi vive nell'incertezza del presente e del futuro. E,
a fronte dei pochi retribuiti con cifre dignitose e talvolta anche
elevate, molti autonomi si vergognano persino di confessare quanto
guadagnano, perché si sentirebbero sviliti nella dignità personale.
In
questo lavoro ridotto a prigione sono rinchiuse la passione per il
nostro mestiere, e anche parte dell’informazione e della libertà di
stampa di questo Paese. Perché siamo noi “precari”, che scriviamo tanto
di quello che si legge sui giornali, che si sente e vede in radio e tv, o
nei mille canali del web. Noi parliamo degli altri, garantendo
l’informazione per i cittadini, fatta delle piccole e grandi notizie che
si susseguono quotidianamente.
Ma
siamo alla mercé di un mercato che ha spesso portato i nostri compensi
di lavoratori autonomi a livelli insufficienti per garantire una vita
indipendente dalle famiglie di origine, e tantomeno a formarne di nuove.
Non abbiamo le tutele di chi ha un contratto. Non abbiamo ferie pagate,
né riposo settimanale, né copertura malattia né ammortizzatori sociali.
I
giornalisti lavoratori autonomi sono pagati in media dai cinque ai
quindici euro lordi per un articolo, che può richiedere anche varie ore
di lavoro. E da questi importi vanno detratte le spese e i contributi
previdenziali. Ma non sono rare le retribuzioni anche inferiori, persino
meno di un euro. Pochi spiccioli vengono riconosciuti per una
fotografia, cifre irrisorie per girare e montare video. C'è addirittura
chi ci chiede di scrivere gratis, in nome della “visibilità” assicurata
dalla firma su un testo pubblicato, o per vedersi poi retribuire altri
servizi, ma alle cifre prima indicate.
Santità,
Padre Francesco, per queste ragioni rispettosamente Le chiediamo di
aiutarci a far capire a tutti i cittadini e alle istituzioni, spesso
sorde, che in Italia i giornalisti lavoratori autonomi sono in larga
parte tutt'altro che dei privilegiati. Che chiediamo sia rispettata la
nostra dignità di lavoratori, che hanno diritto a un presente e a un
futuro di vita personale.
Perchè
difendere la dignità della professione giornalistica, in tutte le forme
in cui viene esercitata, è difendere anche la dignità e la libertà
dell’informazione in questo Paese.
Saverio Paffumi (Milano)
Solen De Luca (Roma)
Antonio Armano (Milano)
Moira Di Mario (Roma)
Dario Fidora (Palermo)
Giovanni Ruotolo (Torino)
Susanna Bonfanti (Firenze)
Francesca Marruco (Perugia)
Laura Viggiano (Napoli)
Claudio Chiarani (Riva Del Garda)
giornalisti freelance, membri della
Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
LA LETTERA IN VERSIONE AUDIO
IL COMMENTO DEI PRIMI FIRMATARI:
Santo
Padre. Perché questa iniziativa? La risposta è semplice: perché a volte
sembra che soltanto l’intervento divino o un miracolo vero e proprio
potrebbe convincere gli editori e il Governo ad accogliere un principio
semplice e basilare come quello di “equo compenso”, così come è espresso
dall’art. 36 della Costituzione Italiana: “Il lavoratore ha diritto ad
una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e
in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza
libera e dignitosa”.
Principio che si fonda, a
sua volta, su un altro impegno fondamentale, stabilito dall’art. 3: “E`
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese”.
La metafora di cui sopra è
ironica, ma quanto mai rispettosa, perché non ci aspettiamo che Padre
Francesco, con tutta l’umana sofferenza che esiste nel mondo, faccia il
miracolo o interceda per noi nei confronti dell’Altissimo. Proprio per
questo la lettera è “aperta” e vuole essere soprattutto un richiamo a
quanti hanno potere sulle cose terrene, perché si impegnino a non
insabbiare insieme alla legge sull’Equo Compenso, anche la speranza
nella possibilità di ridare dignità al lavoro dei giornalisti senza
contratto. Questi ultimi ormai sono la maggioranza dei giornalisti
italiani attivi: almeno 6 su 10, secondo gli ultimi dati a disposizione.
LA LETTERA IN VERSIONE AUDIO
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