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01 agosto 2021

Clan Fnsi - EMERGENZA INFORMAZIONE: contro la precarietà, per la tutela del lavoro autonomo

COMMISSIONE NAZIONALE LAVORO AUTONOMO
della FNSI - Federazione Nazionale della Stampa Italiana

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
al Governo e al Parlamento

EMERGENZA INFORMAZIONE: CONTRO LA PRECARIETÀ,
PER LA TUTELA DEL LAVORO GIORNALISTICO AUTONOMO 

(testo integrale del documento approvato)

Roma, 29 luglio 2021

La Commissione nazionale lavoro autonomo della FNSI, in coerenza con le istanze da sempre sostenute con forza, rinnova la propria preoccupazione per la deriva dei diritti e del mercato del lavoro dell’informazione. E si appella quindi al Presidente del Consiglio, al Governo e al Parlamento, affinché intervengano con urgenza sulle evidenti e protratte storture esistenti nel settore. Storture che ledono il diritto dei cittadini a un’informazione libera, garantita da giornalisti indipendenti dal ricatto della crescente precarietà e dalla spasmodica necessità di un lavoro dignitosamente retribuito.

Di seguito una sintesi delle principali emergenze e proposte:

OCCUPAZIONE REGOLARE E CONTRASTO ALLA PRECARIETÀ

Nel giornalismo l’occupazione regolare continua a diminuire, sostituita da un precariato senza diritti e tutele, e da un “finto lavoro autonomo” che troppo spesso dissimula posizioni di lavoro dipendente (come anche evidenziato dalle ispezioni dell’Inpgi). Ma un sistema basato su una crescente precarietà, senza diritti e sottopagata, non può andare lontano, né garantire un’informazione di qualità.

Occorre quindi mettere al primo posto norme che contrastino il precariato, lo sfruttamento del lavoro autonomo, dei cococo e delle false partite Iva (spesso anche in monocommittenza) che celano posizioni di lavoro dipendente non riconosciuto, tra l’altro sottraendo così milioni di euro di contributi all’Inpgi.

Chiediamo quindi che tutti gli aiuti pubblici, diretti o indiretti, a editori e datori di lavoro, siano vincolati all’occupazione regolare e al contrasto del precariato. E va favorita con opportuni provvedimenti l’emersione dal “falso lavoro autonomo”.


TUTELA DEL LAVORO AUTONOMO

Parallelamente va data attuazione ai principi di tutela del lavoro autonomo (sia quello per scelta, sia quello in attesa di stabilizzazione) previsti in due leggi, inapplicate dal 2012:

1) Compensi dignitosi e certi per le collaborazioni giornalistiche autonome, anche occasionali e fuori degli ambiti redazionali, tramite: 

- Immediata emanazione da parte del Ministero della Giustizia dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi dei giornalisti ex L. 27/2012: unica categoria professionale per la quale finora non sono stati stabiliti, e non essendo applicabili per analogia quelli di altre professioni

- Di conseguenza troverebbe così attuazione anche per i giornalisti il principio della legge sull’equità retributiva dei lavoratori autonomi, ex L. 172/2017

2) Equo compenso per i collaboratori delle redazioni (con coerenza retributiva tra subordinati e autonomi nelle singole testate) tramite:

- Corretta identificazione dei parametri dell’equo compenso per i giornalisti non dipendenti ex L. 233/2012, e conseguente sua attuazione, fino ad oggi bloccata in violazione della legge stessa e dell’art. 36 della Costituzione. In questo senso vanno riavviati concretamente e portati a compimento i lavori della Commissione per l’equo compenso, presieduta dal Sottosegretario all’Editoria


QUERELE BAVAGLIO

Vanno emanati con urgenza provvedimenti tesi a scoraggiare e a punire con severità le querele temerarie contro i giornalisti: “querele bavaglio” che mirano solo a intimorire la libertà d’informazione e il diritto d’indagine e di critica. Già gravi, queste, per le testate e i giornalisti dipendenti, ma che spesso si fanno insostenibili per i limitati mezzi, innanzitutto economici, di un giornalista lavoratore autonomo.


CONTRIBUTI COVID 19

I recenti ristori per il Covid-19 non hanno tenuto conto della specialità della professione giornalistica autonoma, che in gran parte si svolge in regime di cococo e collaborazione occasionale, restando così esclusa dai contributi del Decreto Sostegni 2021, corrisposti solo alle partite IVA. Non è stato previsto infatti per i giornalisti l’inserimento tra le altre categorie di lavoratori autonomi senza partita IVA, che possono godere di un sostegno.

Chiediamo pertanto, a parziale ristoro per l’emergenza Covid, l’erogazione di contributi a fondo perduto ai giornalisti non dipendenti, come già avvenuto nel 2020 con il “Fondo per il reddito di ultima istanza”, che non siano limitati ai soli titolari di Partita Iva.


SOSTEGNI AL REDDITO

Di fronte alle protratte sofferenze del mercato del lavoro giornalistico, sono necessarie politiche continuative di sostegno al reddito dei giornalisti non dipendenti, molto spesso segnati da discontinuità lavorativa e cali di reddito.

Si ritiene quindi necessario rivedere ed estendere anche ai lavoratori autonomi degli Ordini professionali norme come l’ISCRO (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa), varata con la legge di bilancio 2021, ma finora prevista solo per le Partite Iva della Gestione Separata Inps. L’ISCRO è un giusto passo verso un welfare per gli autonomi, ma deve riguardare tutte le categorie, senza esclusioni, estendendone l’accessibilità e portata, anche tenendo conto delle diverse specificità lavorative e di inquadramento esistenti tra i differenti Ordini professionali.


DIRITTO D’AUTORE

Salutando con favore il processo legislativo per l’attuazione della Direttiva UE 2019/790 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, la Clan-Fnsi, raccomanda che vi sia certezza che i proventi previsti non arrivino semplicemente agli editori, ma che l’equa remunerazione giunga effettivamente anche ai lavoratori, e più in particolare ai giornalisti non dipendenti aventi titolo. Ciò per l’integrazione reddituale che può derivarne, quando oggi invece la retribuzione degli autonomi è solitamente considerata omnicomprensiva di ogni possibile riutilizzo del loro lavoro.

Paiono quindi opportuni sia dei riferimenti in materia agli accordi contrattuali collettivi, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei giornalisti, sia il rispetto da parte degli editori della regolarità contributiva e fiscale (comprese quelle per i collaboratori) per poter percepire la remunerazione prevista dalla nuova disciplina.


INPGI

Va fatta sollecitamente chiarezza sul futuro dell’Inpgi, garantendo certezze ai servizi erogati agli iscritti, anche tenendo conto che i lavoratori autonomi – date le persistenti condizioni negative di mercato - sono la parte più debole della categoria, e in larga parte molto lontani dalle condizioni retributive e pensionistiche dei dipendenti.


PENSIONATI AL LAVORO

Troppo spesso si assiste a casi di giornalisti pensionati che, per un’integrazione del proprio assegno, mantengono un’attività lavorativa analoga a quella dei dipendenti, sottraendo così significative occasioni di lavoro e di stabilizzazioni ai collaboratori esterni, anche di lunga data. Sono quindi opportune norme che non consentano ai giornalisti pensionati di continuare a lavorare come prima nell’ordinario circuito produttivo, ponendosi in concorrenza con le legittime aspettative delle nuove leve e dei lavoratori autonomi.

In questo senso si accoglie perciò con favore il recente provvedimento dell’Inpgi per la   rimodulazione dei limiti di reddito cumulabili in franchigia con la pensione, delibera di cui pertanto si raccomanda una sollecita approvazione da parte del Ministeri vigilanti.


RIFORMA DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI E DELL’ACCESSO ALLA PROFESSIONE 

È indispensabile una radicale riforma della professione, delle sue norme ed istituti, per renderli più rispondenti ai problemi attuali e futuri, anche del mercato del lavoro. Tra questi le norme dell’Ordine dei giornalisti, risalenti a un impianto di un oramai lontano 1963: occorre tener conto che nel giornalismo la maggior parte dei rapporti di lavoro e è sarà di natura autonoma, e ciò per prevalente volontà degli editori.

A nostro avviso vanno quindi riformate le norme di iscrizione e di governo all’Ordine, nella logica che “giornalista è chi esercita effettivamente la professione"

In questo senso va affrontato anche il tema dei circa 50.000 su 110.000 iscritti all’Ordine che non hanno posizione contributiva Inpgi: o sono giornalisti inquadrati con altri contratti e presso altre Casse, quindi a danno dell’Inpgi, o apparentemente non hanno mai esercitato la professione, e quindi non si capisce perché risultino ancora iscritti all’Ordine.

Ma tale riforma va elaborata in sinergia con gli organismi di categoria dei giornalisti, per quanto di rispettiva competenza, confrontandosi su problemi e proposte già disponibili, e non con provvedimenti calati dall’alto senza coinvolgimenti di merito della professione.


CONTRATTO FNSI-ANSO-FISC

In questo contesto la Clan-Fnsi saluta infine con favore il nuovo contratto collettivo Fnsi-Anso-Fisc per le testate periodiche di informazione locale e le testate on line prevalentemente locali, contratto che segna importanti passi avanti, anche concettuali, sia per i giornalisti dipendenti che per quelli autonomi. 

Tra questi: per i dipendenti il riconoscimento di nuove mansioni specializzate nelle redazioni, che andrebbero riconosciute anche legislativamente in una nuova definizione di giornalismo. E per i lavoratori autonomi sono invece stati meglio definiti ruoli, diritti e tutele, assieme a retribuzioni più dignitose e chiari iter di stabilizzazione.

Si tratta di un percorso avviato positivamente, che ora va approfondito, auspicando che ne seguano formulazioni consimili, pure per gli autonomi e per le stabilizzazioni dei collaboratori, anche nelle altre aree contrattuali di Fieg e AerAnti-Corallo.


CONCLUSIONI

Questi i temi che come Commissione nazionale lavoro autonomo della Fnsi ci sentiamo di avanzare con forza, rendendoci disponibili, per quanto di nostra competenza, alla più ampia collaborazione.


31 luglio 2021

CLAN FNSI - CONTRO LA PRECARIETÀ: MEMORIA CON RICHIESTE A GOVERNO E PARLAMENTO




CONTRO LA PRECARIETA', 
PER LA TUTELA DEL LAVORO GIORNALISTICO AUTONOMO

Memoria della Clan-Fnsi a Governo e Parlamento

La Commissione nazionale lavoro autonomo – presieduta da Mattia Motta, segretario generale aggiunto della Fnsi, e coordinata da Maurizio Bekar (nella foto) – rivolge una memoria al presidente del Consiglio, al governo e alle forze parlamentari, evidenziando «preoccupazione per la deriva dei diritti e del mercato del lavoro dell'informazione» e richiedendo interventi urgenti.

Tra le emergenze evidenziate: politiche per il lavoro regolare e contro la precarizzazione, equo compenso, provvedimenti contro le querele bavaglio, ristori Covid e sostegni al reddito anche per gli autonomi senza partita Iva. Inoltre: attuazione della Direttiva Ue sul diritto d'autore; chiarezza sul futuro dell'Inpgi; un freno all'impiego dei pensionati nelle redazioni; riforma dell'Ordine. E una valutazione positiva sul nuovo contratto con Anso e Fisc per l'editoria locale, «che va nelle direzioni giuste». Tra le richieste contenute nel documento: norme contro il precariato e contro lo sfruttamento del finto lavoro autonomo e aiuti ai datori di lavoro solo se vincolati all'occupazione regolare.

Parallelamente l'attuazione delle leggi sull'equo compenso, inapplicate ai giornalisti dal 2012: per la legge 27/2012 serve l'emanazione da parte del ministero della Giustizia dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi. E per la 233/2012 l'individuazione dell'equo compenso per i collaboratori delle redazioni, tramite la Commissione presieduta dal sottosegretario all'Editoria.

Servono poi provvedimenti per scoraggiare le querele temerarie; ristori per il Covid-19 anche per i giornalisti non titolari di partita Iva; sostegni al reddito dei non dipendenti, spesso segnati da discontinuità lavorative.

Per la Clan Fnsi, vanno riviste ed estese anche ai lavoratori autonomi degli Ordini professionali norme come l'Iscro (Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa), prevista finora solo per le Partite Iva della Gestione Separata Inps. Va inoltre data attuazione alla Direttiva Ue sul diritto d'autore e nel mercato digitale, «fornendo certezze che i proventi non giungano solo agli editori ma anche ai giornalisti». E servono norme per impedire di continuare ad utilizzare i pensionati nel normale circuito produttivo delle redazioni, e ciò per favorire un ricambio generazionale e le assunzioni.

È poi «urgente una riforma dell'Ordine dei giornalisti e delle norme di accesso alla professione, riconoscendo che oramai gli autonomi sono la maggioranza e che "giornalista è chi esercita effettivamente la professione"», si legge nel documento.

Positiva infine la valutazione del nuovo contratto con Anso e Fisc per i periodici e le testate on line locali, che «segna importanti passi avanti nelle direzioni giuste, sia per i dipendenti che per i collaboratori».

(comunicato Fnsi)

PER APPROFONDIRE:

Il documento integrale della Clan è pubblicato nella sezione  >> Lavoro autonomo – Commissione e assemblee del sito web della Fnsi.

05 marzo 2021

ESSERE PRECARI STANCA: PENSIONATI IN REDAZIONE (riflessione)

Testimonianze e riflessioni
sulla precarietà nel giornalismo

Proseguiamo nella pubblicazione di testimonianze e riflessioni sulle condizioni dei giornalisti lavoratori autonomi, lanciata col titolo "Essere precari stanca".

L'iniziativa ha preso spunto dal questionario sul "giornalismo precario", lanciato dal Coordinamento precari e freelance e dalla Commissione lavoro autonomo dell'Assostampa Friuli Venezia Giulia, in seguito al quale abbiamo ricevuto dei commenti, riflessioni e proposte, che ci è parso utile riprendere e divulgare.

I contributi vengono qui pubblicati in forma anonima per tutelare la privacy, con l'auspicio di stimolare una riflessione collettiva e delle iniziative comuni.

Ci potete inviare i vostri contributi a: precari.freelance@assostampafvg.it 

La riflessione di oggi è dedicata al problema dei giornalisti pensionati in redazione. O comunque a quei colleghi che, anche dopo il pensionamento, continuano a lavorare nel consueto circuito produttivo redazionale, sottraendo così occasioni e posti di lavoro a colleghi più giovani. Quasi sempre collaboratori esterni, precari e sottopagati...


PENSIONATI IN REDAZIONE

La pensione, in media, è il momento più atteso della vita di ogni lavoratore. Dopo anni di onorato servizio finalmente ci si può dedicare alle passioni sopite, quelle che negli anni sono rimaste nel cassetto a causa dei troppi impegni di lavoro, o alla famiglia o ai viaggi o al volontariato o, ancora, per i più fortunati, all’accudimento dei nipoti: niente di più bello e naturale. Ma per una buona parte di giornalisti sembra non funzionare così. Dopo lunghi anni di redazione - con un contratto giornalistico a tempo indeterminato, uno stipendio niente male, con la prospettiva di una vita da pensionato tutt’altro che economicamente limitata e con soddisfazioni professionali ampiamente vissute - l’ultimo giorno di lavoro, in cui tradizionalmente si festeggia il traguardo raggiunto brindando con i colleghi, diventa il giorno dell’uscita dalle porte dorate della redazione… utile a sancire il rientro nella medesima redazione, giusto il giorno dopo, da una finestra (mica tanto secondaria), altrettanto dorata (se non economicamente, senz’altro in termini di “posizione”) per continuare a fare ciò che si faceva prima.

Intanto, fuori da quelle porte e da quelle finestre dorate c’è una generazione intera - anzi, forse due o tre – di giornalisti giovani o non più giovanissimi che, per poter accedere alla professione o poter continuare a restare nella professione mantenendo un livello di vita almeno dignitoso, si arrabattano con piccole collaborazioni, quasi mai contrattualizzate (o comunque con contratti “atipici”), con compensi da fame e assolutamente non adeguati al lavoro svolto, con compensi che pagano solo le battute del risultato finale e non tengono conto delle ore di lavoro (perché, le ore di lavoro di un redattore contano forse più di quelle di un collaboratore?), con contribuzioni da versare che non garantiranno mai una pensione e con un essere “freelance” che fa più rima con “precario e sfruttato” che con “che figo”.

Eppure la rete, sì, Internet, quella che a tutti piace frequentare, offre spazi sconfinati per aprire blog personali, per creare canali YouTube, per aprire profili social e poter sfogare liberamente il proprio desiderio di continuare a scrivere, ad intervistare, a comunicare, ad argomentare. Tutte cose possibili, accessibili, fruibili da tutti e, oltretutto, gratuite. Ma una certa parte dei giornalisti pensionati preferisce continuare ad occupare quei posti che, si spera vivamente su retribuzione adeguata, potrebbero invece essere lasciati ai più giovani, a coloro che hanno bisogno di farsi le ossa e di crescere professionalmente. E che non hanno uno stipendio sicuro sul quale poter contare per sé e per la propria famiglia. 

Non si può dimenticare, d’altra parte, il grande valore, in termini di patrimonio di esperienza e professionalità, di cui tanti (non tutti) giornalisti della “vecchia scuola” sono custodi e portatori. Un patrimonio che i più giovani non possono nemmeno immaginare, frutto di anni di gavetta, di “scarpe consumate”, di “giri di nera” e di inchieste fatte sul campo. Un patrimonio che i giovani farebbero bene a riconoscere e a rispettare: un pizzico di umiltà all’inizio del cammino nella professione non guasterebbe a nessuno (in realtà, nemmeno a professione inoltrata). Un patrimonio che non va assolutamente cestinato, ma forse andrebbe gestito in modalità diverse, ancora tutte da inventare. 

Sorgono, quindi, delle domande. Ci si chiede il perché dell’incapacità di alcuni colleghi senior a riconoscere che si è dato e si è ricevuto a sufficienza e che si può cedere il posto ad altri. Ci si chiede perché, di fronte alle richieste degli editori, non si è capaci di dire: “No, grazie. Io mi faccio da parte. Sarebbe più opportuno dare spazio ai colleghi più giovani”. Ma ci si chiede anche il perché – e la cosa, se possibile, risulta ancora più grave – i giornali, gli editori, si ostinano a chiedere ai giornalisti pensionati di continuare a seguire rubriche o servizi, sia cartacei sia online, nell’ordinario ciclo produttivo del giornale occupando spazi che potrebbero essere affidati ad altri colleghi, altrettanto bravi e capaci. Si potrebbe pensare, per esempio, ad interventi una tantum quando la stretta attualità necessita di voci autorevoli e di penne “navigate”. Ma, appunto, una tantum.

A volte viene da pensare che nel nostro Paese sia cresciuta una generazione di giornalisti contrattualizzati, ora pensionati, un po’ “ingordi” e, forse, “mai sazi”. Viene da dire che sarebbe ora di vedere come questo meccanismo – sommato alla crisi profondissima dell’editoria in generale – si stia trasformando, neanche troppo lentamente, in una vera e propria piaga sociale. Perché non valorizzare altrimenti i colleghi più anziani e trovare formule per affiancarli ai giovani più promettenti in modo da favorire un “passaggio di consegne” generazionale? Perché non pensare a delle forme di volontariato, per chi già gode di una pensione, prevedendo di offrire la propria competenza alle realtà del Terzo Settore, per esempio, che tanto hanno bisogno di raccontarsi adeguatamente per farsi conoscere ed rendersi visibili ai cittadini? 

Il lavoro deve essere di tutti e per tutti, non solo per alcuni. E la pensione, che per tantissimi non arriverà mai, potrebbe anche essere tempo di riposo, di gratitudine per quanto fatto, di generosa e gratuita trasmissione del patrimonio culturale e di urgente coltivazione del dialogo intergenerazionale che tanto può offrire a tutti. C’è bisogno di prendere consapevolezza di tutto questo e capire che le scelte di ciascun collega hanno conseguenze su tutti gli altri. E soprattutto sui colleghi più deboli e meno tutelati. Riusciremo mai a venirne a capo? La speranza è sempre l’ultima a morire. Ma a volte, certi meccanismi, la costringono, per lo meno, in terapia intensiva.

(Testo della riflessione ricevuta, pubblicata in forma anonima)


IL QUESTIONARIO SUI GIORNALISTI AUTONOMI
NEL FRIULI VENEZIA GIULIA
(anonimo, scadenza: 14 marzo 2021)

E' ancora possibile rispondere al questionario anonimo sui giornalistici autonomi (o precari, sottoccupati, disoccupati) nel Friuli Venezia Giulia.

>> QUI LA PRESENTAZIONE E IL QUESTIONARIO <<

E' da spedire entro il 14 marzo a precari.freelance@assostampafvg.it o, in forma totalmente anonima, per posta o tramite il servizio di anonymizer on line www.filemail.com Mandaci il tuo contributo, grazie!


07 novembre 2020

PENSIONATI IN REDAZIONE: "PRATICA DA DENUNCIARE E CONTRASTARE"


A PARLARE SONO MOTTA E BEKAR, PRESIDENTE E COORDINATORE DELLA CLAN-FNSI, L'ORGANISMO DI RAPPRESENTANZA DEI GIORNALISTI AUTONOMI E FREELANCE 

Mattia Motta e Maurizio Bekar

Chi è in pensione e sostituisce colleghi in Cig o lavora 'in competizione' con i precari, «contribuisce all'avvitamento della professione dietro al miope mantra della riduzione dei costi che porterà a giornali senza giornalisti assunti regolarmente. A discapito dell'Inpgi e dei diritti di tutti».


«Ormai è un fenomeno sempre più diffuso. Il numero dei giornalisti in pensione che sostituiscono colleghi in cassa integrazione o che addirittura lavorano 'in competizione' con i giornalisti precari è in costante e vertiginoso aumento. Colleghi che escono dalla porta principale della professione attiva e poi rientrano dalla finestra seguendo tranquillamente le cronache o che coprono interi settori, insieme ad altri pensionati che vengono inviati a coprire eventi nazionali: è una dinamica semplicemente scandalosa che va interrotta immediatamente, non solo perché in aperta contrapposizione deontologica con la Carta di Firenze, ma perché contribuisce all'avvitamento della professione dietro al miope mantra della riduzione dei costi che porterà a giornali senza giornalisti assunti regolarmente». Lo affermano i vertici della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, il presidente Mattia Motta e il coordinatore Maurizio Bekar, che esprimono «sdegno per la pratica dell'utilizzo dei pensionati dentro e fuori le redazioni».

«È vero – aggiungono – che un giornalista che va in pensione può essere riassunto come dipendente, ma questo non avviene mai. La stragrande maggioranza dei pensionati sono infatti impiegati come collaboratori e occupano, di fatto, dei posti negli organici redazionali, alcuni lavorano addirittura dentro le redazioni per volontà dei direttori. Stare in silenzio non è più possibile perché non si parla più di un fatto marginale della professione, ma drammaticamente centrale nelle dinamiche editoriali del Paese».

Un fenomeno, proseguono Motta e Bekar, «che produce precarietà e perdita di occupazione regolare. Spetta a tutti noi vigilare affinché i colleghi titolari di un trattamento pensionistico Inpgi non vengano nuovamente impiegati dal medesimo datore di lavoro con forme di finto lavoro autonomo e inseriti nel normale ciclo produttivo, perché oltre a essere una palese violazione deontologica della Carta di Firenze, questa è una pratica che contribuisce a scavare la fossa in cui i giornalisti italiani rischiano di cadere. Così facendo, forniamo sponda a chi vorrebbe giornali scritti da collaboratori pagati una miseria con il supporto dei pensionati-scriventi, mentre i redattori finiscono all'angolo, in cassa integrazione, come dimostrano gli ultimi esempi del Giornale di Sicilia o del Quotidiano nazionale. Basta pensionati in redazione – concludono – a discapito dell'Inpgi e dei diritti di tutti».