organizzato dall'Assostampa Fvg, in collaborazione con l'Ordine regionale dei giornalisti, l'Inpgi e il Coordinamento precari e freelance Fvg.
Interverranno fra gli altri: Carlo Muscatello (presidente Assostampa Fvg), Piero Villotta (presidente Ordine giornalisti Fvg), Roberto Carella (consigliere d'amministrazione e fiduciario regionale Inpgi) e Maurizio Bekar (coordinatore nazionale della Commissione lavoro autonomo della Fnsi).
Ecco il testo diffuso nei giorni scorsi dal presidente Assostampa Fvg, Carlo Muscatello:
"Meglio dirlo subito: ci aspetta un anno nel quale, con la scusa della crisi, la nostra professione sarà sotto attacco. Lo abbiamo capito prima di Natale, quando alla celebrazione del centenario del nostro primo contratto di lavoro (era il 1911, fu il primo accordo collettivo di lavoro stipulato in Italia) la ministra del lavoro Fornero è venuta a dirci che siamo dei privilegiati, che questi privilegi (?) li abbiamo ottenuti per la nostra vicinanza al potere politico, che l'Inpgi non ha conti sostenibili, che dobbiamo fare altri sacrifici e via di questo passo.
Cose non vere, molto gravi soprattutto se pronunciate da un ministro della Repubblica. Anche per rispondere alla ministra disinformata, nel 2012 il nostro sindacato unitario sarà ancora impegnato a difendere il lavoro giornalistico, il pluralismo dell'informazione, la centralità delle redazioni. A lavorare per la tutela delle fasce più deboli della professione. A chiedere una nuova legge sull'editoria, il rifinanziamento del Fondo per l'editoria debole, interventi mirati capaci di garantire al settore qualità e prospettive di sviluppo.
Nella crisi economica complessiva, quella dell'industria dell'informazione è ormai un'emergenza e rischia di determinare una pesantissima deriva sociale (altri giornalisti, poligrafici e amministrativi potrebbero restare senza lavoro, tanti giovani rischiano di non avere accesso al mondo del lavoro) e di impoverire quel pluralismo di voci che è elemento essenziale e centrale della vita democratica di un Paese. Anche per questo difendiamo il contratto nazionale, che garantisce quella rete di solidarietà e sicurezza economica e normativa uguale per tutti, così importante soprattutto per le realtà più piccole.
Sono in arrivo altri stati di crisi e di ristrutturazione. E noi saremo impegnati nella difesa del contratto per chi ce l'ha, nella riaffermazione delle redazioni contro il tentativo di chi vuole superarle (con strutture fatte di pochi giornalisti assunti e tantissimi collaboratori esterni malpagati), un'efficace rete di tutele economiche, normative, previdenziali e assistenziali per i non contrattualizzati che sono ormai parte sempre più grande della categoria.
E ancora la difesa dell’intero impianto di welfare dei giornalisti di oggi e di domani, una riforma della Rai che la restituisca ai cittadini e la sottragga al dominio dei partiti, la riscrittura degli interventi pubblici a favore dell'editoria debole e delle voci delle minoranze linguistiche (nella nostra regione Primorski Dnevnik, Rai Slovena e Novi Matajur rischiano di pagare il conto di danni e sprechi fatti da altri...), la riaffermazione dei valori del pluralismo contro tutti i tentativi di omologazione dell'informazione (da noi c'è il caso di Piccolo e Messaggero Veneto, entrambi del Gruppo Espresso, che col passaggio al tabloid ha imposto pagine nazionali fatte altrove e uguali per tutti, oltre al calo degli organici), l'opposizione ferma e decisa a tutti i conflitti di interesse e a tutte le leggi bavaglio.
Su tutti questi fronti siamo stati impegnati finora. Su tutti questi fronti continueremo a essere impegnati.
Ci serve davvero l'aiuto di tutti. Anche per affrontare i problemi emersi negli ultimi giorni dell'anno ormai trascorso: la dura vertenza al Piccolo (pacchetto di cinque giorni di sciopero, di cui uno già effettuato), la chiusura della redazione goriziana del Messaggero Veneto, la drammatica situazione di Tele4 (dove il mutato assetto societario ha portato allo stop a 15 contratti, fra giornalisti e tecnici) ) e di altre emittenti televisive e radiofoniche regionali, che pensano di poter affrontare la crisi tagliando i costi e non investendo sul rilancio e lo sviluppo".
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