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12 luglio 2022

ASSOSTAMPA FVG PER LA DIFESA DEL LAVORO AUTONOMO E PRECARIO

Il sindacato regionale fa propria la mozione
 del Consiglio nazionale FNSI per l'equo compenso
e a tutela del lavoro autonomo e precario 
Modificare le norme per l'elezione degli autonomi


Il Consiglio direttivo dell’Assostampa FVG, riunito a Trieste l'11 luglio 2022, assume come propria la mozione approvata dal Consiglio Nazionale della Fnsi il 30 giugno sul lavoro giornalistico autonomo e l’equo compenso, e contro la precarizzazione dell'art. 21 della Costituzione.

Come anche richiamato dalla mozione sul lavoro autonomo approvata al XVIII Congresso FNSI del 2019, evidenzia come necessari e urgenti:

- l’emanazione da parte del Ministero della Giustizia dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi, ai sensi della legge 27/2012, poi definiti come “Equo compenso” dalla legge 172/2017;

- l’attuazione della legge 233/2012 sull’equo compenso per i collaboratori delle testate giornalistiche, che impone la coerenza retributiva tra lavoro autonomo e subordinato;

- l’emersione del “falso lavoro autonomo” e la sua inclusione nel Contratto collettivo di lavoro giornalistico.

In questo senso il Direttivo condivide anche l’indicazione di assumere tutte le opportune forme di pressione, lotta e manifestazione contro le inadempienze sull’Equo Compenso, e ad organizzare una mobilitazione generale della categoria contro la crescente precarizzazione dell’art. 21 della Costituzione, a partire dallo sfruttamento derivante  dalla disparità di trattamento tra giornalisti e attraverso l’uso illegittimo di finti rapporti di lavoro autonomo.

Propone infine al Segretario generale e al Consiglio Nazionale della Fnsi di modificare l’art. 43 del Regolamento sul lavoro autonomo come segue: 

“Nell'Assemblea nazionale e nelle Assemblee regionali godono di elettorato attivo e passivo i giornalisti iscritti alle AA.RR.SS. e (alla Gestione separata dell'Inpgi) all’Inpgi, che percepiscano esclusivamente o prevalentemente redditi da lavoro autonomo…”, restando invariato il resto dell’art. 43.

Ciò per reintrodurre nelle norme sull’elettorato attivo e passivo il criterio della “prevalenza” dei redditi di lavoro autonomo, invece della sola “esclusività”: criterio già affermato con la circolare interpretativa del 9 marzo 2010, a firma del Segretario generale, e considerato vigente fino alla riforma del Regolamento Fnsi del giugno 2019, che non lo riprendeva esplicitamente.

A parere del Direttivo dell’Assostampa FVG, nelle odierne condizioni di mercato del lavoro la clausola dell’esclusività professionale risulta troppo restrittiva, e pare più attuale una clausola di “prevalenza” di reddito da lavoro giornalistico autonomo, piuttosto che quella di una sua esclusività.

(mozione approvata all’unanimità)

Coordinamento giornalisti precari e freelance
e Commissione regionale lavoro autonomo
dell'Assostampa Friuli Venezia Giulia

Restiamo in contatto:


Vedi anche il nostro blog:
http://freelancefvg.blogspot.it

19 febbraio 2019

28° CONGRESSO FNSI, LA MOZIONE GENERALE APPROVATA




SONO INCLUSI RIFERIMENTI
AL LAVORO AUTONOMO E PRECARIO
ALL'EQUO COMPENSO
E ALLA CLAN - FNSI 



Democrazia, libertà, autonomia e lavoro
Con Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti,
candidati alla segreteria generale e alla presidenza della Fnsi

Noi, delegate e delegati al XXVIII Congresso della Stampa Italiana, ci riconosciamo nei principi della Carta Costituzionale e nei contenuti del Testo Unico dei doveri del Giornalista; impegniamo il futuro gruppo dirigente della FNSI a riaffermare, dentro e fuori le redazioni, quei principi e valori da tutti noi liberamente sottoscritti.

Il sindacato dei giornalisti si riconosce nei valori essenziali dell’articolo 21 della Costituzione: la libertà di informare di ogni cronista e il diritto di essere informata che appartiene ad ogni persona.

Per noi è inscindibile il nesso tra la difesa delle libertà e la tutela dell’autonomia e delle garanzie della professione, e del diritto di cronaca anche contro le ingerenze della magistratura. Di qui il nostro impegno affinché la Federazione sia sempre comunque dalla parte dei cronisti minacciati da mafia, malaffare e corruzione e contrasti, nel mondo e in Italia, i bavagli di qualsiasi natura e colore, compresi quelli derivanti dagli interessi politici e economici. Vogliamo valorizzare il lavoro delle giornaliste, in particolare contro le discriminazioni professionali. Vogliamo il riconoscimento di diritti e di un reddito adeguato, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, per i lavoratori autonomi.

È necessario che si pretenda e si ottenga il rispetto dei principi fondamentali, anche a cominciare dal contrasto del linguaggio dell’odio, della discriminazione e della violenza. Per questo riteniamo che si debba garantire la scorta mediatica a tutti i colleghi minacciati e alle comunità oscurate.

Riteniamo che il XXVIII Congresso, per difendere il futuro di una professione sotto attacco, debba porre al centro dell'azione politica della FNSI alcuni elementi per i quali la categoria è pronta a qualsiasi forma di mobilitazione:

1) Riaprire il confronto con il legislatore per una nuova normativa sulle risorse del sistema informativo nel suo insieme, non per settori (editoria, emittenza locale, emittenza nazionale, web e telecomunicazioni), ponendo il discrimine dell'informazione professionale quale distinzione dal settore delle comunicazioni in senso lato e dedicando più risorse allo sviluppo, all’inclusione dei lavoratori precari, all’occupazione e alla tutela dei diritti e del reddito dei lavoratori autonomi.

2) 
Chiedere che il legislatore stabilisca tetti alle concentrazioni proprietarie e di fatturato, anche qui superando le vecchie categorie mediatiche, e ridefinisca l'intervento pubblico di sostegno al pluralismo, in nome dell'articolo 21, risolvendo anche una volta per tutte il problema delle false cooperative editoriali. Non si può più pensare di stanziare milioni per i prepensionamenti e gli ammortizzatori sociali, facendo conto sulla solidarietà economica di categoria attraverso l’Inpgi, e di ignorare la distruzione del lavoro subordinato sostituito da lavoro atipico, parasubordinato e irregolare e la destrutturazione del Cnlg.

3) Ottenere provvedimenti non più dilazionabili, a partire dalla definizione della governance del servizio pubblico. Urgente e non più rinviabile è liberare la Rai Servizio Pubblico dal controllo dei partiti e dei governi, riformando i criteri di nomina e assicurando fonti certe e di lunga durata adeguate ad attuare il Contratto di Servizio.
E’ necessario inoltre ottenere la cancellazione delle infinite tipologie contrattuali che dal pacchetto Treu al Jobs Act hanno reso il mondo del lavoro sempre più precario, anche per i giornalisti.

4) Arrivare attraverso l'azione coordinata degli Enti di categoria, a una nuova definizione di Giornalismo e di giornalista, che abbia valore di legge e che contempli la via universitaria quale canale prioritario di accesso alla professione.

5) Riprendere il confronto con la Fieg per un rinnovo contrattuale davvero al passo coi tempi e non più ostaggio di una crisi ancora molto lontana dall’essere superata. Un contratto che ponga al centro la lotta alle diseguaglianze e l'inclusione sociale: temi che la Fnsi ha sempre portato al tavolo e sui quali la FIEG si è sottratta e non ha mai voluto aprire una seria trattativa. Le trasformazioni del panorama editoriale devono essere comprese nelle politiche contrattuali e ampliate. Spetta a noi definire una proposta capace di includere le nuove figure professionali all’interno delle garanzie contrattuali e della difesa del reddito.
Dopo il contratto con Aeranti Corallo e quello con Uspi, il percorso va approfondito a partire da tutte le declinazioni del digitale in tutti i settori, per le quali vanno pensate apposite figure e regole contrattuali. Va anche definito un nuovo contratto tipo che sia alla base del vero lavoro autonomo.

6) Superare lo stallo sull'equo compenso, riunificando il percorso della legge di settore con quella generale per le professioni e la norma sui compensi delle pubbliche amministrazioni. I pronunciamenti del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato vanno a sostegno della proposta originaria della Commissione Nazionale Lavoro Autonomo della FNSI sul compenso a giornata.

7) Negli ultimi anni la legge 150 ha dimostrato tutti i suoi limiti, in un’applicazione ragionieristica da parte dello Stato e a danno dei giornalisti. La norma non è più adatta a rappresentare il mondo del giornalismo nella Pa. Dobbiamo pensare ad una nuova normativa che riconosca le particolarità del lavoro giornalistico nella Pubblica amministrazione e che, contemporaneamente, costituisca una solida base economica e giuridica per i colleghi tenendo fermo il valore del CNLG FNSI FIEG come approdo di trattative che non potranno essere smontate unilateralmente dalle amministrazioni firmatarie. Ma nel frattempo, per assicurare dignità ed equità del lavoro giornalistico ai colleghi già assunti, è necessario dare corso alle attuali previsioni della 150 e proseguire il confronto con Aran per la costruzione di un profilo professionale che risponda davvero alle esigenze del giornalismo della Pa.

8) Promuovere un ampio progetto di formazione sindacale per tutta la categoria, ribadendo con forza il ruolo di un sindacato di servizio, che torni a valorizzare i diritti e la condivisione di strumenti e competenze per fare fronte ad Aziende miopi.

9) Avviare una profonda riflessione politica sui valori costituzionali che ispirano l'attività dei giornalisti e dei loro Enti sul terreno ideale e valoriale del nuovo secolo. Un grande momento di confronto pubblico sul futuro rapporto tra democrazia e informazione. Il governo e il mondo politico devono essere chiamati ad esprimere una responsabilità precisa sulla deriva in atto, la categoria a riaffermare il suo ruolo.

10) Difendere l’autonomia, la governance e il livello dei servizi del nostro welfare di categoria (Inpgi, Casagit e Fondo Complementare).

Con questi principi e con questi obiettivi noi proponiamo al Congresso di rieleggere Raffaele Lorusso alla Segreteria Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e proponiamo al Consiglio Nazionale che verrà eletto da questo Congresso di rieleggere Giuseppe Giulietti alla Presidenza.

(Mozione approvata con 230 sì, 45 no, 10 astenuti)


Raffaele Lorusso è poi stato rieletto Segretario generale Fnsi con 243 preferenze su 308 votanti
Giuseppe Giulietti è stato poi rieletto Presidente della Fnsi con 91 preferenze su 110 votanti

02 luglio 2014

EQUO O INIQUO COMPENSO PER I GIORNALISTI FREELANCE ?


Dieci domande al Sottosegretario all’editoria, on. Luca Lotti
(di Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella, Laura Viggiano)*






Signor Sottosegretario, On. Lotti,

abbiamo sostenuto con convinzione l’approvazione della legge sull’equo compenso per i giornalisti autonomi, ritenendo che fosse un elemento di civiltà del lavoro, da estendere quanto prima anche agli altri settori. E dare così attuazione al diritto di questi lavoratori all’equa retribuzione, così come stabilisce l’art. 36 della Costituzione.

Siamo quindi rimasti sconcertati per come sia stata data invece attuazione alla legge, in una Commissione da Lei presieduta, tramite due delibere che svuotano di fatto il diritto costituzionale all’equo compenso, violando lo spirito e la lettera della legge 233/2012. E non è solo una questione di tabelle retributive, ma anche di violazioni palesi del testo normativo, che all’articolo 1 prevede che l’equo compenso si debba riconoscere a tutti i “giornalisti non subordinati” iscritti all’Albo. Invece sono state introdotte pesanti restrizioni alla platea cui avrebbe dovuto essere applicato.

Siamo poi rimasti sconcertati pure da alcuni Suoi commenti, collegati anche al decreto per i contributi all'editoria da Lei firmato (La Repubblica, 25 giugno 2014).

Ci sentiamo quindi in dovere di porLe pubblicamente, da giornalisti e da lavoratori autonomi interessati da questi provvedimenti, alcune domande:

1) Nell'intervista Lei afferma che “Equo compenso è una definizione sbagliata. Quella giusta è compenso minimo garantito. Prima gli articoli erano pagati da alcune aziende 5 euro e anche meno. Adesso il minimo è 20”. Ovviamente sono lordi. Il che, al netto, è quasi la metà, con le spese a carico. Lei ha mai scritto professionalmente un articolo? Lo sa quanto tempo di lavoro può esserci dietro 15-20 righe scritte da un collaboratore?

2) La delibera approvata prevede anche cifre come 6,25 euro lordi per una prestazione professionale per agenzie di stampa e web. La legge 233/2012 sull'equo compenso stabilisce che la remunerazione dev'essere “proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” tenendo conto “della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”. Quindi: ci può spiegare sulla base di quali criteri e calcoli oggettivi sono state definite quelle tabelle?

3) Crede che l’Unione Europea, tenuto conto dei provvedimenti presi da più organismi sulle questioni della libera informazione, sottopagata, apprezzerà le cifre e il presunto ragionamento in base al quale sono state stabilite?

4) Che le cifre della delibera siano dei minimi è chiaro. Ma gli editori che riconoscono compensi superiori ai “minimi” sono rari. In ogni caso il problema è che parliamo di un minimo ritenuto “equo” ai sensi di legge, inferiore anche a quello di una colf, che in media guadagna 10 euro l'ora. Effettivamente sarebbe sbagliato parlare di equo compenso. Ma allora che differenza c’è tra il minimo retributivo deliberato e l’equo compenso che avrebbe dovuto definire la Commissione istituita dalla legge?

5) La Legge n. 233/2012 afferma che viene emanata “in attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione”, il quale recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Secondo lei, è giusto parlare, come fa qualcuno, solo di aspettative negate, alla luce delle decisioni assunte?

6) La legge sull’equo compenso è nata anche per fissare un principio: la soglia di dignità al di sotto della quale è indecoroso ed insostenibile fare questa professione. C'è chi ha calcolato che, secondo gli standard tipici di lavoro di un freelance, con le tariffe approvate, lavorando 48 ore la settimana si verrebbe retribuiti circa 2,6 euro all'ora. Lordi. E con spese a carico. Invece, in Danimarca un freelance viene retribuito mediamente dai 30 ai 40 euro l'ora. E in Brasile 33 euro a cartella (a cartella, non a pezzo...). Non Le sembra che fissare per legge come “equo compenso”  6, 10 o 20 euro a pezzo significa legalizzare la sottoretribuzione? E che questo renderebbe anche più difficile rivendicare un diritto per via legale?

7) Prevedere negli accordi da Lei firmati dei salari d’ingresso a retribuzione ribassata, e “sconti” contributivi estesi anche ai contratti a tempo determinato, non Le sembra una rinuncia a legare gli aiuti agli editori alla creazione di nuova occupazione davvero stabile, e non sottopagata?

8) Sempre in riferimento al decreto sull'editoria, che prevede aiuti per l’assunzione di “giovani”: lo sa che la maggioranza dei giornalisti precari non è più “giovane”, ma ha in media un’età di 40 e più anni, con una professionalità ultraventennale?

9) Il costo aziendale lordo base di un giornalista dipendente con contratto Fieg-Fnsi oggi oscilla dai 38 ai 49 mila euro lordi l’anno. Ci spiega, allora, perché gli editori dovrebbero assumere dei redattori con contratto da dipendente, se potranno invece usare dei collaboratori che, per scrivere alcune centinaia di pezzi l’anno, verrebbero a costare meno di 6 mila?

10) Signor Sottosegretario, non conosciamo esattamente la Sua attuale retribuzione. Ma Lei, dopo anni di sfruttamento, accetterebbe di lavorare ancora con una retribuzione sottopagata rispetto agli inquadramenti contrattuali e, per giunta, a tempo determinato e con l’avallo del Governo? Come si sentirebbe?


 (*) Rappresentanti dei freelance nella Commissione nazionale contratto Fnsi


31 marzo 2014

EQUO COMPENSO, DIRITTO DI TUTTI: UNA PROPOSTA IN PARLAMENTO

La legge 233/2012 è un esempio per tutti i lavoratori




di Maurizio Bekar e Dario Fidora

Mentre l’equo compenso per i giornalisti lavoratori autonomi pare incagliato e fortemente limitato da una delibera della commissione attuativa, c’è invece chi prende ad esempio la legge 233/2012 sull’equità retributiva dei giornalisti per estenderla a tutti i lavoratori. Cioè anche a quelli di ogni altro settore, se non inquadrati come dipendenti, applicando le condizioni del contratto collettivo più pertinente. E, per farlo, ha elaborato una proposta quasi uguale alla legge già approvata per i giornalisti. (Ma, allora, perchè in tanti affermavano che la legge 233 era fatta male, inapplicabile, da interpretare, forse anche illegittima… mentre ora invece viene ripresa per applicarla a tutti i lavoratori autonomi, anche di altri settori?).

L’iniziativa nasce dalla deputata del PD Chiara Gribaudo, che sta dando seguito assieme ad altri parlamentari ad alcune proposte avanzate da “Alta Partecipazione”, un coordinamento di associazioni di giovani, precari e professionisti di vari settori, che stanno formulando “dal basso” delle proposte d’intervento legislativo sul mondo del lavoro, il fisco, la previdenza, il diritto allo studio. Fra quelle presentate in una conferenza alla Camera dei deputati il 17 marzo scorso figurano il contratto d’inclusione, l’indennità di disoccupazione universale, il Servizio per il lavoro.

Nel frattempo, già dal maggio 2013, l’on. Chiara Gribaudo ha presentato in Commissione Lavoro della Camera, come prima firmataria (assieme a tutti i parlamentari PD della Commissione) una proposta di risoluzione che impegni il Governo a istituire una Commissione per la valutazione dell’equo compenso, nei settori nei quali non esiste una specifica disciplina contrattuale delle retribuzioni. Commissione che abbia “il compito di definire l’equo compenso dei lavoratori subordinati, o autonomi ovvero professionisti, avuto riguardo alla natura e alle caratteristiche della prestazione nonché in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei titolari di un rapporto di lavoro subordinato di settori contigui ovvero equivalenti”.

In questa pagina del sito web della Camera il testo integrale della proposta di risoluzione:

Di seguito, invece, la bozza della proposta di legge per l’estensione dell’equo compenso a tutti di lavoratori, di ogni settore, se non coperti da un Contratto collettivo di lavoro nazionale (il testo della legge 233/2012 approvata per i giornalisti, che è quasi uguale, è disponibile qui:

L’equo compenso, insomma, non è un legge mal fatta, incostituzionale e inapplicabile, come si sentiva dire per i giornalisti freelance, ma un diritto di tutti i lavoratori, che discende dall’art. 36 della Costituzione. Quello sì, troppo spesso, volutamente ignorato e inapplicato.

[di seguito la bozza della proposta di legge di "Alta Partecipazione" e dell'on. Gribaudo]

PROPOSTA DI LEGGE

ISTITUZIONE DELL’EQUO COMPENSO

Art. 1 – Finalità, definizioni e ambito applicativo

1. In attuazione dell’articolo 36, primo comma, della Costituzione, la presente legge e’ finalizzata a promuovere l’equità retributiva di tutti i lavoratori sia titolari di un rapporto di lavoro subordinato sia titolari di rapporto di lavoro non subordinato per i quali non sia già presente una regolazione dei salari ovvero dei compensi prevista dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. Ai fini della presente legge, per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonchè della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria sottoscritta dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Art. 2 – Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro

1. E’ istituita, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Commissione per la valutazione dell’equo compenso, di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione è istituita entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ed è presieduta dal Ministro del Lavoro ovvero da suo incaricato.
Essa e’ composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
b) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
c) Tre rappresentanti delle associazioni dei datori di lavoro e dei professionisti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
d) Tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
e) Un rappresentante del CNEL.
3. Entro due mesi dal suo insediamento, la Commissione, valutate le prassi retributive nei settori o per le modalità lavorative per le quali si registra o viene segnalata l’assenza di una specifica regolazione dei compensi:
a) definisce l’equo compenso dei lavoratori subordinati ovvero autonomi ovvero professionisti, ivi comprese le attività riferibili all’Enpals e la parte di prestazione lavorativa connessa alla cessione del diritto d’autore, avuto riguardo alla natura e alle caratteristiche della prestazione nonchè in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei titolari di un rapporto di lavoro subordinato di settori contigui ovvero equivalenti.
b) La Commissione definisce l’equo compenso entro 60 giorni dalla segnalazione di assenza di equo compenso ovvero dalla verifica diretta di assenza dello stesso.
c) Il compenso viene istituito, entro 30 giorni dall’espressione della Commissione per ogni singolo settore o ambito, con apposito decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
4. La Commissione dura in carica tre anni. Alla scadenza di tale termine, la Commissione cessa dalle proprie funzioni.
5. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali provvede all’istituzione e al funzionamento della Commissione avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie di cui dispone. Ai componenti della Commissione non e’ corrisposto alcun compenso, emolumento, indennità o rimborso di spese.

Art. 3 – Relazione annuale

1. Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali trasmette ogni anno una relazione alle Camere sull’attuazione della presente legge.

Art. 4 – Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

04 febbraio 2014

EQUO COMPENSO PER TUTTI I NON CONTRATTUALIZZATI

Clan: "Garantire a tutti i giornalisti gli stessi diritti: oramai il 60% dei giornalisti attivi sono formalmente degli autonomi"

Segue il testo della lettera aperta dei freelance della Clan-Fnsi:

- Al Segretario Generale e alla Giunta Esecutiva della Fnsi
- Ai rappresentanti degli Enti di categoria nella Commissione per l'equo compenso: Giovanni Rossi (Fnsi), Enzo Iacopino (Odg), Andrea Camporese (Inpgi)
- Alle Assostampa regionali
- Ai rappresentanze dei giornalisti lavoratori autonomi
- A tutti i colleghi, contrattualizzati e non

Come giornalisti freelance, membri della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi (Clan), attivi nostre realtà regionali e negli Enti di categoria, esprimiamo la nostra viva preoccupazione, e il nostro dissenso, riguardo l'attuale percorso d'attuazione della legge 233/2012 sull'equo compenso per giornalisti non contrattualizzati.
Un percorso che rischia di portare ad uno svuotamento della legge 233, lasciando fuori dalla sua applicazione la maggior parte degli autonomi, e togliendo nel contempo ogni forza ai tentativi di includerli nelle tutele del contratto collettivo di lavoro giornalistico.
La delibera d'indirizzo per l'attuazione della legge, approvata il 29 gennaio dalla Commissione plurilaterale per l'equo compenso, appare infatti in forte contraddizione con la lettera e lo spirito della legge 233, che all'art. 1 prevede esplicitamente che “In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione” l'equo compenso si deve applicare a tutti i giornalisti “titolari di un rapporto di lavoro non subordinato”. Cioè a tutti i non contrattualizzati come dipendenti.
Invece, in virtù di un'interpretazione acrobatica della legge, elaborata dal consulente scelto dal Governo, che l'ha poi fortemente sostenuta, si è giunti a deliberare che l'equo compenso sarebbe applicabile solo ai giornalisti che svolgano "lavoro parasubordinato nonché autonomo economicamente dipendente svolto in modo non sporadico". Una formulazione oscura e vaga, e come tale largamente interpretabile. Che però fa trasparire chiaramente come l'equo compenso non sarebbe applicabile a tutti, ma solo ai cococo e ai non meglio definiti “autonomi economicamente dipendenti”, escludendo tutti gli altri.
Va sottolineato che, nella riunione del 27 gennaio, il Presidente dell'Ordine dei giornalisti aveva correttamente depositato alla Commissione un parere “pro veritate”, formulato da un primario studio legale di Diritto del lavoro. Parere che riportava giuridicamente e con forza l'ambito di applicazione della legge 233 a quanto già chiaramente stabilito nell'art. 1 (cioè l'equo compenso a tutti, con la sola eccezione delle attività non professionali, cioè sporadiche o del tutto occasionali).
E' quindi sconcertante che tale parere “pro veritate” dello Studio legale Pessi e associati non risulti poi acquisito, nemmeno come documentazione e neppure citato, nella delibera finale. Come se non esistesse. Mentre continua ad esservi citato, come suo fondamento, il parere opposto del consulente del Governo, il professor Tiziano Treu, già Ministro del Lavoro.
E' poi sconcertante che nella delibera d'indirizzo si usi il termine “lavoro autonomo economicamente dipendente”, di cui però non viene definito il significato e non vi è riscontro nella legislazione italiana. E che quindi non dovrebbe avere tecnicamente alcuna conseguenza attuativa. Salvo che, tramite successive interpretazioni, non si voglia riferirlo (mutuandolo da terminologie impiegate nel dibattito teorico giuslavoristico) a un rapporto di sostanziale e prolungata monocommittenza con un unico datore di lavoro. Riducendo così drasticamente l'area degli autonomi ai quali si potrebbe applicare la legge.
Ma le ambiguità nel testo d'indirizzo non terminano qui.
Infatti, da una lettura dei paragrafi 2 e 3 a pagina 7 della delibera, si evince che neppure i tanti colleghi oggi formalmente autonomi, che però svolgono incarichi per i quali avrebbero dovuto essere assunti e retribuiti come dipendenti, potrebbero rivendicare l'equo compenso. Il che si risolverebbe in una doppia penalizzazione: non essere stati (e non per propria colpa) assunti, e non avere nemmeno il diritto all'equo compenso.
Viceversa, l'eventuale varo nell'ambito della legge 233 di una finora inesistente figura di lavoratore “economicamente dipendente”, ma nel contempo riconosciuto de jure come “autonomo”, potrebbe offrire una sponda giuridica per rendere più difficili le future cause per assunzione per lavoro dipendente dissimulato da autonomo.
Questi e altri passaggi della delibera ci sconcertano, e non possono non preoccuparci vivamente per le possibili conseguenze.
Ovviamente ci rendiamo conto di quanto l'attuazione della legge 233 sia pesantemente condizionata dalla concomitante trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di categoria, e dalla netta chiusura degli editori verso l'ineludibile urgenza del riconoscimento di sostanziali diritti e tutele collettive per gli autonomi.
Editori che hanno però malauguratamente trovato in Commissione equo compenso delle sponde nell'atteggiamento del Governo. Che finora, per l'attuazione di questa legge, non ha fatto scelte a netta tutela della parte più debole, ricattabile e sottopagata dei lavoratori dell'informazione, ma ha puntato prevalentemente a mediare tra le esigenze contrapposte delle parti, sostenendo a tale fine delle interpretazioni pesantemente restrittive della Legge 233.
Il risultato è che la Commissione, presieduta dal Sottosegretario all'Editoria e informazione Legnini, in seguito a tali orientamenti, ha de facto limitato il campo di applicazione della legge 233. Cosa però che non rientra nei suoi poteri. I compiti della Commissione sono infatti già chiaramente stabiliti nella Legge 233, e sono stabilire il “quantum” e le modalità d'attuazione e controllo dell'equo compenso, e non “se e a chi” questo si possa applicare.
In questo senso le interpretazioni formulate dal professor Treu non possono prevalere sul nulla osta al testo di legge già a suo tempo affermato dalle competenti Commissioni parlamentari, oltre che dalla promulgazione dello stesso da parte del Presidente della Repubblica.
Pertanto il parere “pro veritate” del professor Pessi, meritoriamente formalizzato alla Commissione, da una parte non fa che tentare di riportare dentro la legittimità giuridica le deliberazioni della stessa. E dall'altra, proprio per queste ragioni, non può essere ignorato, per affidarsi invece a un gioco di successive interpretazioni e imponderabili contrattazioni politiche circa la portata e l'applicabilità della legge 233.
Ci rendiamo peraltro conto di come i nostri rappresentanti di categoria si siano trovati messi nell'angolo in Commissione da una maggioranza editori-Governo, e da uno stato d'inattuazione della legge fuori ogni tempo massimo. Dovendo così effettuare delle scelte, anche parziali e difficili. Confidando magari sulla possibilità di successive interpretazioni e contrattazioni più favorevoli.
Ma siamo anche convinti che questo piano inclinato delle “interpretazioni” corre il rischio di divenire man mano più ripido e rovinoso, fino a svuotare di quasi ogni portata la legge 233. E, invece di risolvere dei problemi, di generare un'ampia serie di contenziosi, anche giudiziali.
Siamo pertanto convinti che, per uscire da questo pericoloso piano inclinato, bisogna riportare quanto più possibile l'attuazione dell'equo compenso entro la lettera e lo spirito di quanto già prevede la legge 233, varata espressamente per dare applicazione all'articolo 36 della Costituzione anche ai giornalisti lavoratori autonomi, senza distinzione alcuna.
Riteniamo quindi che i parametri-guida debbano essere: a quanti si applicherà la legge e quanti ne resterebbero eventualmente esclusi? L'equo compenso sarà nel rispetto della lettera dell'art. 36 della Costituzione e “in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria” in favore dei giornalisti dipendenti, come prescrive l'art. 2 della legge?
Ora il testimone delle trattative è passato al rappresentante degli editori e a quello della Fnsi, per tentare di trovare un accordo, che sarà sottoposto al voto della Commissione il 28 febbraio.
Al rappresentante della Fnsi chiediamo quindi di fare tutto il possibile per riportare l'attuazione dell'equo compenso nell'alveo, nella lettera e nello spirito della legge 233.
E chiediamo agli altri dirigenti di categoria in Commissione, ai rappresentanti delle Assostampa e dei lavoratori autonomi, di sostenere in tutti i modi tale impegno e obiettivo, anche dando vita a una mobilitazione attorno alla Commissione e ai suoi lavori, sensibilizzando l'opinione pubblica, le forze politiche, il Governo, a sostenere questa battaglia.
Che non è quella di garantire dei privilegi a qualcuno. Ma di garantire a tutti gli stessi diritti, così come prevede la Costituzione. Perchè non è più tollerabile che i diritti, anche fra i giornalisti, siano riconosciuti solo a chi ha in tasca un contratto da dipendente a tempo indeterminato.
Anche perché, nei dati ufficiali, oramai il 60% dei giornalisti attivi sono formalmente degli autonomi. Una percentuale raddoppiata negli ultimi 13 anni, e in costante crescita, a fronte di una progressiva contrazione degli organici redazionali e dei giornalisti con contratti da dipendenti.
La linea-guida di ogni politica della professione dev'essere che i giornalisti dipendenti di oggi possono essere gli “autonomi” di domani. Bisogna quindi stabilire con quali diritti e tutele.

I componenti della Commissione Nazionale Lavoro Autonomo della FNSI :
Antonio Armano (Lombardia)
Maurizio Bekar (Friuli Venezia Giulia)
Susanna Bonfanti (Toscana)
Claudio Chiarani (Trentino Alto Adige)
Dario Fidora (Sicilia)
Francesca Marruco (Umbria)
Saverio Paffumi (Lombardia)
Giovanni Ruotolo (Piemonte)
Laura Viggiano (Campania)

25 gennaio 2014

CLAN: "SI VUOLE SFUGGIRE ALL'EQUO COMPENSO ?"


"Non si può e non si deve permettere di sancire per legge inaccettabili diseguaglianze tra giornalisti, quando ci sono le strade per uscirne tutti assieme".
Quali membri della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi (CLAN), che ha elaborato la proposta dei criteri d'individuazione dell'equo compenso ai sensi della Legge 233/2012, e poi formalizzata dalla Fnsi stessa al tavolo ministeriale plurilaterale per l'attuazione della legge, e quali membri attivi nelle nostre rispettive realtà regionali, non possiamo non esprimere vivissima preoccupazione e, allo stato attuale, l'assoluta non condivisione di ciò che si sta prospettando nella Commissione Equo compenso riguardo i criteri d'attuazione della legge 233.
Innanzitutto apprendiamo che la proposta avanzata dal Presidente della Commissione equo compenso ne esclude l'applicazione ai lavoratori autonomi, e ciò sulla base di un'interpretazione del Codice Civile. Ne esclude inoltre l'applicazione ai tanti rapporti di lavoro autonomo che dissimulano rapporti di lavoro subordinato, e la considera applicabile ai soli parasubordinati.
Senza entrare troppo nel merito tecnico del tema, non possiamo non rilevare che l'eventuale approvazione di una delibera così strutturata sarebbe uno stravolgimento sostanziale della lettera e dello spirito della legge 233, di cui verrebbe drasticamente ridotta la portata e l'applicabilità. E ciò sulla base di un'interpretazione univoca delle disposizioni del Codice Civile sul lavoro autonomo intellettuale. In realtà nel Codice non esiste alcun esplicito riscontro testuale di quanto assunto a base giuridica della delibera. Anzi l’art. 2233 fa esplicito riferimento al fatto che “In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Il che appare perfettamente in linea con l’art. 36 della Costituzione, cui la legge dell’equo compenso si ispira. Si tratta pertanto di un’interpretazione discutibile, che può e dev'essere contrastata da altri pareri giuridici. Non possiamo poi non rilevare che l'eventuale esclusione dell'applicazione dell'equo compenso ai lavoratori autonomi, per i quali varrebbe quindi la libera contrattazione (sebbene mitigata da un finora imprecisato riferimento “anche nell'ambito di linee guida opportunamente individuate dall'ordinamento professionale”), si tradurrebbe in oggettiva spinta per gli editori a disdettare i contratti co.co.co. esistenti, imponendo come precondizione per poter collaborare l'apertura di una Partita Iva, e ciò al solo fine di sfuggire alle maglie dell'Equo compenso minimo vincolante.
Anche l'affermazione che ai tanti “finti” autonomi, che in realtà svolgono incarichi da subordinati, non può essere applicato l'equo compenso, in quanto dovrebbero essere inquadrati da dipendenti, nella sua attuale stesura si traduce in una doppia penalizzazione. Infatti non si può venir assunti per disposizione di legge, ma per accordo tra le parti o per sentenza di un giudice del lavoro. Così l'attuale dispositivo, mentre non può garantire l'assunzione, esclude il diritto almeno alla retribuzione ai sensi dell'equo compenso, nell'attesa di un'assunzione o di una causa.
Non possiamo inoltre non sottolineare come la Commissione Lavoro Autonomo della Fnsi abbia elaborato, dopo lunghe discussioni e verifiche tecniche, una proposta d'individuazione dell'equo compenso che si basa sulla libera contrattazione tra le parti del tempo di lavoro necessario, ancorandone la retribuzione minima ai contratti collettivi di categoria, e ai rispettivi livelli d'inquadramento. In tal modo la retribuzione sarebbe individuata in termini chiari, graduata a seconda delle realtà ed esigenze produttive, aggirando l'ostacolo dell'individuazione di tariffari, da una parte sempre discutibili e dall'altra contestabili in quanto in contrasto con le normative europee. Infine, a tutela del collaboratore, in caso di disaccordo tra le parti (giornalista e datore), o per scelta consensuale, si farebbe riferimento al tariffario Odg 2007, maggiorato dell'inflazione, che ancora oggi ha valore come punto di riferimento di congruità retributiva nelle cause di lavoro.
Riteniamo quindi che la proposta elaborata della Clan-Fnsi sia una soluzione equilibrata, in aderenza alla legge 233 e tecnicamente inattaccabile ai sensi delle norme sulle liberalizzazioni. Invitiamo a non abbandonare tale riferimento, che oltretutto riteniamo garantirebbe da una parte una giusta retribuzione e dall'altra una corretta flessibilità e sostenibilità economica delle collaborazioni esterne.
Non possiamo infine non sottolineare che un eventuale affossamento nella fase applicativa dell'equo compenso, mantenendo il lavoro autonomo meno costoso e con quasi inesistenti diritti, sarebbe un potente disincentivo per gli editori alle stabilizzazione al tentativo sindacale di portare nel contratto collettivo tutele e diritti per gli autonomi, fino alle contrattualizzazioni dei tanti “finti autonomi” che ne avrebbero teoricamente diritto.
La battaglia per l'equo compenso è anche la battaglia per il nuovo contratto collettivo di lavoro, che dev'essere il baluardo unitario di tutta la categoria. Non si può e non si deve permettere di sancire per legge inaccettabili diseguaglianze tra giornalisti, quando ci sono le strade per uscirne tutti assieme.
(Maurizio Bekar e altri colleghi della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi)