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19 febbraio 2019

28° CONGRESSO FNSI, LA MOZIONE GENERALE APPROVATA




SONO INCLUSI RIFERIMENTI
AL LAVORO AUTONOMO E PRECARIO
ALL'EQUO COMPENSO
E ALLA CLAN - FNSI 



Democrazia, libertà, autonomia e lavoro
Con Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti,
candidati alla segreteria generale e alla presidenza della Fnsi

Noi, delegate e delegati al XXVIII Congresso della Stampa Italiana, ci riconosciamo nei principi della Carta Costituzionale e nei contenuti del Testo Unico dei doveri del Giornalista; impegniamo il futuro gruppo dirigente della FNSI a riaffermare, dentro e fuori le redazioni, quei principi e valori da tutti noi liberamente sottoscritti.

Il sindacato dei giornalisti si riconosce nei valori essenziali dell’articolo 21 della Costituzione: la libertà di informare di ogni cronista e il diritto di essere informata che appartiene ad ogni persona.

Per noi è inscindibile il nesso tra la difesa delle libertà e la tutela dell’autonomia e delle garanzie della professione, e del diritto di cronaca anche contro le ingerenze della magistratura. Di qui il nostro impegno affinché la Federazione sia sempre comunque dalla parte dei cronisti minacciati da mafia, malaffare e corruzione e contrasti, nel mondo e in Italia, i bavagli di qualsiasi natura e colore, compresi quelli derivanti dagli interessi politici e economici. Vogliamo valorizzare il lavoro delle giornaliste, in particolare contro le discriminazioni professionali. Vogliamo il riconoscimento di diritti e di un reddito adeguato, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, per i lavoratori autonomi.

È necessario che si pretenda e si ottenga il rispetto dei principi fondamentali, anche a cominciare dal contrasto del linguaggio dell’odio, della discriminazione e della violenza. Per questo riteniamo che si debba garantire la scorta mediatica a tutti i colleghi minacciati e alle comunità oscurate.

Riteniamo che il XXVIII Congresso, per difendere il futuro di una professione sotto attacco, debba porre al centro dell'azione politica della FNSI alcuni elementi per i quali la categoria è pronta a qualsiasi forma di mobilitazione:

1) Riaprire il confronto con il legislatore per una nuova normativa sulle risorse del sistema informativo nel suo insieme, non per settori (editoria, emittenza locale, emittenza nazionale, web e telecomunicazioni), ponendo il discrimine dell'informazione professionale quale distinzione dal settore delle comunicazioni in senso lato e dedicando più risorse allo sviluppo, all’inclusione dei lavoratori precari, all’occupazione e alla tutela dei diritti e del reddito dei lavoratori autonomi.

2) 
Chiedere che il legislatore stabilisca tetti alle concentrazioni proprietarie e di fatturato, anche qui superando le vecchie categorie mediatiche, e ridefinisca l'intervento pubblico di sostegno al pluralismo, in nome dell'articolo 21, risolvendo anche una volta per tutte il problema delle false cooperative editoriali. Non si può più pensare di stanziare milioni per i prepensionamenti e gli ammortizzatori sociali, facendo conto sulla solidarietà economica di categoria attraverso l’Inpgi, e di ignorare la distruzione del lavoro subordinato sostituito da lavoro atipico, parasubordinato e irregolare e la destrutturazione del Cnlg.

3) Ottenere provvedimenti non più dilazionabili, a partire dalla definizione della governance del servizio pubblico. Urgente e non più rinviabile è liberare la Rai Servizio Pubblico dal controllo dei partiti e dei governi, riformando i criteri di nomina e assicurando fonti certe e di lunga durata adeguate ad attuare il Contratto di Servizio.
E’ necessario inoltre ottenere la cancellazione delle infinite tipologie contrattuali che dal pacchetto Treu al Jobs Act hanno reso il mondo del lavoro sempre più precario, anche per i giornalisti.

4) Arrivare attraverso l'azione coordinata degli Enti di categoria, a una nuova definizione di Giornalismo e di giornalista, che abbia valore di legge e che contempli la via universitaria quale canale prioritario di accesso alla professione.

5) Riprendere il confronto con la Fieg per un rinnovo contrattuale davvero al passo coi tempi e non più ostaggio di una crisi ancora molto lontana dall’essere superata. Un contratto che ponga al centro la lotta alle diseguaglianze e l'inclusione sociale: temi che la Fnsi ha sempre portato al tavolo e sui quali la FIEG si è sottratta e non ha mai voluto aprire una seria trattativa. Le trasformazioni del panorama editoriale devono essere comprese nelle politiche contrattuali e ampliate. Spetta a noi definire una proposta capace di includere le nuove figure professionali all’interno delle garanzie contrattuali e della difesa del reddito.
Dopo il contratto con Aeranti Corallo e quello con Uspi, il percorso va approfondito a partire da tutte le declinazioni del digitale in tutti i settori, per le quali vanno pensate apposite figure e regole contrattuali. Va anche definito un nuovo contratto tipo che sia alla base del vero lavoro autonomo.

6) Superare lo stallo sull'equo compenso, riunificando il percorso della legge di settore con quella generale per le professioni e la norma sui compensi delle pubbliche amministrazioni. I pronunciamenti del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato vanno a sostegno della proposta originaria della Commissione Nazionale Lavoro Autonomo della FNSI sul compenso a giornata.

7) Negli ultimi anni la legge 150 ha dimostrato tutti i suoi limiti, in un’applicazione ragionieristica da parte dello Stato e a danno dei giornalisti. La norma non è più adatta a rappresentare il mondo del giornalismo nella Pa. Dobbiamo pensare ad una nuova normativa che riconosca le particolarità del lavoro giornalistico nella Pubblica amministrazione e che, contemporaneamente, costituisca una solida base economica e giuridica per i colleghi tenendo fermo il valore del CNLG FNSI FIEG come approdo di trattative che non potranno essere smontate unilateralmente dalle amministrazioni firmatarie. Ma nel frattempo, per assicurare dignità ed equità del lavoro giornalistico ai colleghi già assunti, è necessario dare corso alle attuali previsioni della 150 e proseguire il confronto con Aran per la costruzione di un profilo professionale che risponda davvero alle esigenze del giornalismo della Pa.

8) Promuovere un ampio progetto di formazione sindacale per tutta la categoria, ribadendo con forza il ruolo di un sindacato di servizio, che torni a valorizzare i diritti e la condivisione di strumenti e competenze per fare fronte ad Aziende miopi.

9) Avviare una profonda riflessione politica sui valori costituzionali che ispirano l'attività dei giornalisti e dei loro Enti sul terreno ideale e valoriale del nuovo secolo. Un grande momento di confronto pubblico sul futuro rapporto tra democrazia e informazione. Il governo e il mondo politico devono essere chiamati ad esprimere una responsabilità precisa sulla deriva in atto, la categoria a riaffermare il suo ruolo.

10) Difendere l’autonomia, la governance e il livello dei servizi del nostro welfare di categoria (Inpgi, Casagit e Fondo Complementare).

Con questi principi e con questi obiettivi noi proponiamo al Congresso di rieleggere Raffaele Lorusso alla Segreteria Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e proponiamo al Consiglio Nazionale che verrà eletto da questo Congresso di rieleggere Giuseppe Giulietti alla Presidenza.

(Mozione approvata con 230 sì, 45 no, 10 astenuti)


Raffaele Lorusso è poi stato rieletto Segretario generale Fnsi con 243 preferenze su 308 votanti
Giuseppe Giulietti è stato poi rieletto Presidente della Fnsi con 91 preferenze su 110 votanti

04 febbraio 2014

EQUO COMPENSO PER TUTTI I NON CONTRATTUALIZZATI

Clan: "Garantire a tutti i giornalisti gli stessi diritti: oramai il 60% dei giornalisti attivi sono formalmente degli autonomi"

Segue il testo della lettera aperta dei freelance della Clan-Fnsi:

- Al Segretario Generale e alla Giunta Esecutiva della Fnsi
- Ai rappresentanti degli Enti di categoria nella Commissione per l'equo compenso: Giovanni Rossi (Fnsi), Enzo Iacopino (Odg), Andrea Camporese (Inpgi)
- Alle Assostampa regionali
- Ai rappresentanze dei giornalisti lavoratori autonomi
- A tutti i colleghi, contrattualizzati e non

Come giornalisti freelance, membri della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi (Clan), attivi nostre realtà regionali e negli Enti di categoria, esprimiamo la nostra viva preoccupazione, e il nostro dissenso, riguardo l'attuale percorso d'attuazione della legge 233/2012 sull'equo compenso per giornalisti non contrattualizzati.
Un percorso che rischia di portare ad uno svuotamento della legge 233, lasciando fuori dalla sua applicazione la maggior parte degli autonomi, e togliendo nel contempo ogni forza ai tentativi di includerli nelle tutele del contratto collettivo di lavoro giornalistico.
La delibera d'indirizzo per l'attuazione della legge, approvata il 29 gennaio dalla Commissione plurilaterale per l'equo compenso, appare infatti in forte contraddizione con la lettera e lo spirito della legge 233, che all'art. 1 prevede esplicitamente che “In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione” l'equo compenso si deve applicare a tutti i giornalisti “titolari di un rapporto di lavoro non subordinato”. Cioè a tutti i non contrattualizzati come dipendenti.
Invece, in virtù di un'interpretazione acrobatica della legge, elaborata dal consulente scelto dal Governo, che l'ha poi fortemente sostenuta, si è giunti a deliberare che l'equo compenso sarebbe applicabile solo ai giornalisti che svolgano "lavoro parasubordinato nonché autonomo economicamente dipendente svolto in modo non sporadico". Una formulazione oscura e vaga, e come tale largamente interpretabile. Che però fa trasparire chiaramente come l'equo compenso non sarebbe applicabile a tutti, ma solo ai cococo e ai non meglio definiti “autonomi economicamente dipendenti”, escludendo tutti gli altri.
Va sottolineato che, nella riunione del 27 gennaio, il Presidente dell'Ordine dei giornalisti aveva correttamente depositato alla Commissione un parere “pro veritate”, formulato da un primario studio legale di Diritto del lavoro. Parere che riportava giuridicamente e con forza l'ambito di applicazione della legge 233 a quanto già chiaramente stabilito nell'art. 1 (cioè l'equo compenso a tutti, con la sola eccezione delle attività non professionali, cioè sporadiche o del tutto occasionali).
E' quindi sconcertante che tale parere “pro veritate” dello Studio legale Pessi e associati non risulti poi acquisito, nemmeno come documentazione e neppure citato, nella delibera finale. Come se non esistesse. Mentre continua ad esservi citato, come suo fondamento, il parere opposto del consulente del Governo, il professor Tiziano Treu, già Ministro del Lavoro.
E' poi sconcertante che nella delibera d'indirizzo si usi il termine “lavoro autonomo economicamente dipendente”, di cui però non viene definito il significato e non vi è riscontro nella legislazione italiana. E che quindi non dovrebbe avere tecnicamente alcuna conseguenza attuativa. Salvo che, tramite successive interpretazioni, non si voglia riferirlo (mutuandolo da terminologie impiegate nel dibattito teorico giuslavoristico) a un rapporto di sostanziale e prolungata monocommittenza con un unico datore di lavoro. Riducendo così drasticamente l'area degli autonomi ai quali si potrebbe applicare la legge.
Ma le ambiguità nel testo d'indirizzo non terminano qui.
Infatti, da una lettura dei paragrafi 2 e 3 a pagina 7 della delibera, si evince che neppure i tanti colleghi oggi formalmente autonomi, che però svolgono incarichi per i quali avrebbero dovuto essere assunti e retribuiti come dipendenti, potrebbero rivendicare l'equo compenso. Il che si risolverebbe in una doppia penalizzazione: non essere stati (e non per propria colpa) assunti, e non avere nemmeno il diritto all'equo compenso.
Viceversa, l'eventuale varo nell'ambito della legge 233 di una finora inesistente figura di lavoratore “economicamente dipendente”, ma nel contempo riconosciuto de jure come “autonomo”, potrebbe offrire una sponda giuridica per rendere più difficili le future cause per assunzione per lavoro dipendente dissimulato da autonomo.
Questi e altri passaggi della delibera ci sconcertano, e non possono non preoccuparci vivamente per le possibili conseguenze.
Ovviamente ci rendiamo conto di quanto l'attuazione della legge 233 sia pesantemente condizionata dalla concomitante trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di categoria, e dalla netta chiusura degli editori verso l'ineludibile urgenza del riconoscimento di sostanziali diritti e tutele collettive per gli autonomi.
Editori che hanno però malauguratamente trovato in Commissione equo compenso delle sponde nell'atteggiamento del Governo. Che finora, per l'attuazione di questa legge, non ha fatto scelte a netta tutela della parte più debole, ricattabile e sottopagata dei lavoratori dell'informazione, ma ha puntato prevalentemente a mediare tra le esigenze contrapposte delle parti, sostenendo a tale fine delle interpretazioni pesantemente restrittive della Legge 233.
Il risultato è che la Commissione, presieduta dal Sottosegretario all'Editoria e informazione Legnini, in seguito a tali orientamenti, ha de facto limitato il campo di applicazione della legge 233. Cosa però che non rientra nei suoi poteri. I compiti della Commissione sono infatti già chiaramente stabiliti nella Legge 233, e sono stabilire il “quantum” e le modalità d'attuazione e controllo dell'equo compenso, e non “se e a chi” questo si possa applicare.
In questo senso le interpretazioni formulate dal professor Treu non possono prevalere sul nulla osta al testo di legge già a suo tempo affermato dalle competenti Commissioni parlamentari, oltre che dalla promulgazione dello stesso da parte del Presidente della Repubblica.
Pertanto il parere “pro veritate” del professor Pessi, meritoriamente formalizzato alla Commissione, da una parte non fa che tentare di riportare dentro la legittimità giuridica le deliberazioni della stessa. E dall'altra, proprio per queste ragioni, non può essere ignorato, per affidarsi invece a un gioco di successive interpretazioni e imponderabili contrattazioni politiche circa la portata e l'applicabilità della legge 233.
Ci rendiamo peraltro conto di come i nostri rappresentanti di categoria si siano trovati messi nell'angolo in Commissione da una maggioranza editori-Governo, e da uno stato d'inattuazione della legge fuori ogni tempo massimo. Dovendo così effettuare delle scelte, anche parziali e difficili. Confidando magari sulla possibilità di successive interpretazioni e contrattazioni più favorevoli.
Ma siamo anche convinti che questo piano inclinato delle “interpretazioni” corre il rischio di divenire man mano più ripido e rovinoso, fino a svuotare di quasi ogni portata la legge 233. E, invece di risolvere dei problemi, di generare un'ampia serie di contenziosi, anche giudiziali.
Siamo pertanto convinti che, per uscire da questo pericoloso piano inclinato, bisogna riportare quanto più possibile l'attuazione dell'equo compenso entro la lettera e lo spirito di quanto già prevede la legge 233, varata espressamente per dare applicazione all'articolo 36 della Costituzione anche ai giornalisti lavoratori autonomi, senza distinzione alcuna.
Riteniamo quindi che i parametri-guida debbano essere: a quanti si applicherà la legge e quanti ne resterebbero eventualmente esclusi? L'equo compenso sarà nel rispetto della lettera dell'art. 36 della Costituzione e “in coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria” in favore dei giornalisti dipendenti, come prescrive l'art. 2 della legge?
Ora il testimone delle trattative è passato al rappresentante degli editori e a quello della Fnsi, per tentare di trovare un accordo, che sarà sottoposto al voto della Commissione il 28 febbraio.
Al rappresentante della Fnsi chiediamo quindi di fare tutto il possibile per riportare l'attuazione dell'equo compenso nell'alveo, nella lettera e nello spirito della legge 233.
E chiediamo agli altri dirigenti di categoria in Commissione, ai rappresentanti delle Assostampa e dei lavoratori autonomi, di sostenere in tutti i modi tale impegno e obiettivo, anche dando vita a una mobilitazione attorno alla Commissione e ai suoi lavori, sensibilizzando l'opinione pubblica, le forze politiche, il Governo, a sostenere questa battaglia.
Che non è quella di garantire dei privilegi a qualcuno. Ma di garantire a tutti gli stessi diritti, così come prevede la Costituzione. Perchè non è più tollerabile che i diritti, anche fra i giornalisti, siano riconosciuti solo a chi ha in tasca un contratto da dipendente a tempo indeterminato.
Anche perché, nei dati ufficiali, oramai il 60% dei giornalisti attivi sono formalmente degli autonomi. Una percentuale raddoppiata negli ultimi 13 anni, e in costante crescita, a fronte di una progressiva contrazione degli organici redazionali e dei giornalisti con contratti da dipendenti.
La linea-guida di ogni politica della professione dev'essere che i giornalisti dipendenti di oggi possono essere gli “autonomi” di domani. Bisogna quindi stabilire con quali diritti e tutele.

I componenti della Commissione Nazionale Lavoro Autonomo della FNSI :
Antonio Armano (Lombardia)
Maurizio Bekar (Friuli Venezia Giulia)
Susanna Bonfanti (Toscana)
Claudio Chiarani (Trentino Alto Adige)
Dario Fidora (Sicilia)
Francesca Marruco (Umbria)
Saverio Paffumi (Lombardia)
Giovanni Ruotolo (Piemonte)
Laura Viggiano (Campania)