02 luglio 2014

EQUO O INIQUO COMPENSO PER I GIORNALISTI FREELANCE ?


Dieci domande al Sottosegretario all’editoria, on. Luca Lotti
(di Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella, Laura Viggiano)*






Signor Sottosegretario, On. Lotti,

abbiamo sostenuto con convinzione l’approvazione della legge sull’equo compenso per i giornalisti autonomi, ritenendo che fosse un elemento di civiltà del lavoro, da estendere quanto prima anche agli altri settori. E dare così attuazione al diritto di questi lavoratori all’equa retribuzione, così come stabilisce l’art. 36 della Costituzione.

Siamo quindi rimasti sconcertati per come sia stata data invece attuazione alla legge, in una Commissione da Lei presieduta, tramite due delibere che svuotano di fatto il diritto costituzionale all’equo compenso, violando lo spirito e la lettera della legge 233/2012. E non è solo una questione di tabelle retributive, ma anche di violazioni palesi del testo normativo, che all’articolo 1 prevede che l’equo compenso si debba riconoscere a tutti i “giornalisti non subordinati” iscritti all’Albo. Invece sono state introdotte pesanti restrizioni alla platea cui avrebbe dovuto essere applicato.

Siamo poi rimasti sconcertati pure da alcuni Suoi commenti, collegati anche al decreto per i contributi all'editoria da Lei firmato (La Repubblica, 25 giugno 2014).

Ci sentiamo quindi in dovere di porLe pubblicamente, da giornalisti e da lavoratori autonomi interessati da questi provvedimenti, alcune domande:

1) Nell'intervista Lei afferma che “Equo compenso è una definizione sbagliata. Quella giusta è compenso minimo garantito. Prima gli articoli erano pagati da alcune aziende 5 euro e anche meno. Adesso il minimo è 20”. Ovviamente sono lordi. Il che, al netto, è quasi la metà, con le spese a carico. Lei ha mai scritto professionalmente un articolo? Lo sa quanto tempo di lavoro può esserci dietro 15-20 righe scritte da un collaboratore?

2) La delibera approvata prevede anche cifre come 6,25 euro lordi per una prestazione professionale per agenzie di stampa e web. La legge 233/2012 sull'equo compenso stabilisce che la remunerazione dev'essere “proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” tenendo conto “della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria”. Quindi: ci può spiegare sulla base di quali criteri e calcoli oggettivi sono state definite quelle tabelle?

3) Crede che l’Unione Europea, tenuto conto dei provvedimenti presi da più organismi sulle questioni della libera informazione, sottopagata, apprezzerà le cifre e il presunto ragionamento in base al quale sono state stabilite?

4) Che le cifre della delibera siano dei minimi è chiaro. Ma gli editori che riconoscono compensi superiori ai “minimi” sono rari. In ogni caso il problema è che parliamo di un minimo ritenuto “equo” ai sensi di legge, inferiore anche a quello di una colf, che in media guadagna 10 euro l'ora. Effettivamente sarebbe sbagliato parlare di equo compenso. Ma allora che differenza c’è tra il minimo retributivo deliberato e l’equo compenso che avrebbe dovuto definire la Commissione istituita dalla legge?

5) La Legge n. 233/2012 afferma che viene emanata “in attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione”, il quale recita “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Secondo lei, è giusto parlare, come fa qualcuno, solo di aspettative negate, alla luce delle decisioni assunte?

6) La legge sull’equo compenso è nata anche per fissare un principio: la soglia di dignità al di sotto della quale è indecoroso ed insostenibile fare questa professione. C'è chi ha calcolato che, secondo gli standard tipici di lavoro di un freelance, con le tariffe approvate, lavorando 48 ore la settimana si verrebbe retribuiti circa 2,6 euro all'ora. Lordi. E con spese a carico. Invece, in Danimarca un freelance viene retribuito mediamente dai 30 ai 40 euro l'ora. E in Brasile 33 euro a cartella (a cartella, non a pezzo...). Non Le sembra che fissare per legge come “equo compenso”  6, 10 o 20 euro a pezzo significa legalizzare la sottoretribuzione? E che questo renderebbe anche più difficile rivendicare un diritto per via legale?

7) Prevedere negli accordi da Lei firmati dei salari d’ingresso a retribuzione ribassata, e “sconti” contributivi estesi anche ai contratti a tempo determinato, non Le sembra una rinuncia a legare gli aiuti agli editori alla creazione di nuova occupazione davvero stabile, e non sottopagata?

8) Sempre in riferimento al decreto sull'editoria, che prevede aiuti per l’assunzione di “giovani”: lo sa che la maggioranza dei giornalisti precari non è più “giovane”, ma ha in media un’età di 40 e più anni, con una professionalità ultraventennale?

9) Il costo aziendale lordo base di un giornalista dipendente con contratto Fieg-Fnsi oggi oscilla dai 38 ai 49 mila euro lordi l’anno. Ci spiega, allora, perché gli editori dovrebbero assumere dei redattori con contratto da dipendente, se potranno invece usare dei collaboratori che, per scrivere alcune centinaia di pezzi l’anno, verrebbero a costare meno di 6 mila?

10) Signor Sottosegretario, non conosciamo esattamente la Sua attuale retribuzione. Ma Lei, dopo anni di sfruttamento, accetterebbe di lavorare ancora con una retribuzione sottopagata rispetto agli inquadramenti contrattuali e, per giunta, a tempo determinato e con l’avallo del Governo? Come si sentirebbe?


 (*) Rappresentanti dei freelance nella Commissione nazionale contratto Fnsi


25 giugno 2014

EQUO COMPENSO SVUOTATO E NON DIGNITOSO: LOTTI RITIRI LA DELIBERA !



Firmate la petizione on line (già 1850 adesioni)






La delibera sull'equo compenso, così come è stata approvata, non dà risposta sui diritti negati a migliaia e migliaia di giornalisti precari e freelance, costretti a lavorare per cifre che non garantiscono una vita professionale libera e dignitosa, come vuole l'articolo 36 della Costituzione. Al contrario mortifica e svuota di contenuto una legge dello Stato, la 233/2012 che è stata approvata dal Parlamento proprio per porre un argine ad una continua corsa al ribasso dei redditi dei giornalisti precari e freelance e getta le basi per una vera e propria emergenza sociale, destinata a scoppiare quando questi e altri lavoratori precari arriveranno all'età della pensione.

Per questo chiediamo che sia immediatamente ritirata la delibera che fissa i parametri di quello che non solo non si può definire equo compenso, ma nemmeno un salario minimo. Con queste cifre il giornalismo, spesso fintamente “autonomo”, ossia quello che oggi è rappresentato da precari e freelance, potrà essere svolto solo da hobbysti e da chi si può permettere di farlo perché non è questo certamente il suo sostentamento.

Questa delibera rischia di essere pericolosa anche per i cosiddetti “garantiti”, perché è certo che gli editori cercheranno di spostare quantità crescenti di lavoro sull'area coperta da precari e freelance fuori dalle redazioni. Tutto questo sia a scapito dei colleghi che adesso sono coperti da un contratto, sia a scapito della libertà e della qualità dell'informazione.

Certamente questi non sono tempi semplici e sappiamo che stare seduti ai tavoli contrattuali è molto più difficile che fare barricate, ma di fronte alle cifre di questa delibera non si poteva accettare di condannare migliaia e migliaia di colleghi a retribuzioni insufficienti alla semplice sussistenza.

Per questo, per difendere il nostro diritto ad una vita professionale libera e dignitosa chiediamo che la delibera venga ritirata e che si torni al tavolo per arrivare a compensi che siano davvero equi.

Questi sono i motivi che ci hanno convinto a firmare l'appello che chiede il ritiro della delibera e che si può trovare a questo link:


Vi chiediamo di sostenerlo con la vostra firma, perché abbia ancora più forza.



Giovanni Ruotolo - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Maurizio Bekar – coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo, consigliere nazionale Fnsi del Friuli Venezia Giulia

Francesco Marruco - componente Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, membro del direttivo dell'Assostampa Umbria

Susanna Bonfanti - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi per la Toscana

Claudio Chiarani - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi per il Trentino Alto Adige

Laura Viggiano - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi per la Campania e della Commissione Contratto Fnsi

Dario Fidora - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi per la Sicilia

Moira Di Mario - componente Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Solen De Luca - componente Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

Antonella Cardone - componente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi per l'Emilia Romagna

Saverio Paffumi - della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile della Commissione Lavoro Autonomo dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti

Leonardo Testai - responsabile Commissione Lavoro Autonomo dell'Assostampa Toscana

Alessandro Martegani - segretario Assostampa Friuli Venezia Giulia, Coordinamento giornalisti precari e freelance FVG

Ivana Gherbaz, Mattia Assandri, Clelia Delponte, Lorenzo Mansutti, Cristina Visintini - Coordinamento giornalisti precari e freelance e Commissione Lavoro Autonomo Assostampa Friuli Venezia Giulia


(Testo aperto a ulteriori adesioni)




FIRMA QUI: 
http://www.change.org/it/petizioni/on-luca-lotti-sottosegretario-di-stato-con-delega-all-editoria-ritiri-la-delibera-attuativa-della-legge-sull-equo-compenso-per-i-giornalisti-freelance-e-atipici 

22 giugno 2014

EQUO COMPENSO E NUOVO CONTRATTO, AUTONOMI A FNSI: "FERMATEVI!"


Documento di
Maurizio Bekar, 
Maria Giovanna Faiella e Laura Viggiano
(rappresentanti dei freelance nella Commissione Contratto Fnsi)

In vista dell'incontro Fieg-Fnsi di lunedì 23 giugno i tre rappresentanti dei lavoratori autonomi eletti nella Commissione contratto Fnsi hanno inviato un documento pubblico ai vertici del sindacato, dissociandosi dalle scelte fatte sull'equo compenso e chiedendo di non firmare un contratto che comporti nuova occupazione sottopagata e precaria.

Quali rappresentanti dei lavoratori autonomi eletti nella Commissione Contratto della Fnsi esprimiamo il nostro dissenso e la nostra dissociazione rispetto alle decisioni assunte dalla Federazione nelle trattative con la Fieg sul lavoro autonomo e l'equo compenso. Infatti, la delibera finale approvata dal tavolo governativo legittima le sottoretribuzioni, allontana le possibilità di assunzioni e stabilisce ope legis criteri che rendono impossibile vivere di lavoro autonomo. E ciò contro il disposto e lo spirito sia della legge 233/2012, che dell'articolo 36 della Costituzione.

Esprimiamo, inoltre, preoccupazione per quanto si prospetta su altri punti dell'ipotizzato nuovo contratto giornalistico, in particolare sull’occupazione: diciamo no all’introduzione del salario d’ingresso per i nuovi assunti, che significherebbe lavoro sottopagato rispetto ai parametri contrattuali attuali, per giunta col rischio di licenziamento dopo 36 mesi, dal momento che si prevedono anche contratti a tempo determinato. Vanno poi stabiliti “numeri” di assunti, condizioni, criteri. Tutto questo al momento manca, per cui non si può firmare un accordo senza certezze, che ancora una volta, in assenza di un controvalore chiaro e netto, penalizzerebbe i colleghi. Si finirebbe così per legittimare nuove forme di precarizzazione e lavoro sottopagato, obiettivi strategici degli editori che puntano proprio ai tagli sul costo del lavoro e alla sua ulteriore precarizzazione e ricattabilità.

Rimarchiamo inoltre che, malgrado le ripetute richieste avanzate, gli attuali vertici della Fnsi non hanno inteso coinvolgere le rappresentanze elette del lavoro autonomo nelle trattative inerenti lo stesso. Come peraltro quasi inesistente è stato il confronto tecnico con la Commissione contratto di cui facciamo parte - di cui chiediamo l'immediata convocazione prima di firmare accordi con la Fieg - oltre che con la categoria nei livelli territoriali e aziendali.

In qualità di rappresentanti eletti dagli autonomi in Commissione contratto, chiediamo alla Segreteria e alla Giunta Fnsi precise garanzie: innanzitutto che l’occupazione sia stabile, a tempo indeterminato e non ancora una volta precaria, e che i nuovi assunti non vengano sottopagati con retribuzioni inferiori agli attuali livelli contrattuali.

Quanto avvenuto finora sull’equo compenso per i lavoratori non subordinati è stato gravissimo e ha distrutto le aspettative della parte meno tutelata della categoria. E in prospettiva comporterà anche un progressivo svuotamento dello stesso contratto per i dipendenti
, essendo stata legittimata la disponibilità di mano d'opera a basso costo, da pescare come sempre tra gli autonomi.

Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella, Laura Viggiano
(22 giugno 2014)

EQUO COMPENSO, GIORNALISTI IN RIVOLTA

«Venti euro a pezzo è una truffa»

da "Articolo36"


Con il commento di Maurizio Bekar
coordinatore della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi

di Marianna Lepore
Un accordo arrivato l'altroieri quasi all’improvviso tra Federazione nazionale della stampa italiana e Federazione italiana editori giornali: finalmente, dopo un anno e mezzo, sono stati stabiliti i minimi dell'equo compenso giornalistico, la legge promulgata a dicembre 2012 che dovrebbe, almeno nelle intenzioni, proteggere i tantissimi giornalisti non assunti, ad oggi oltre il 60% degli iscritti all'Ordine, dallo sfruttamento. Il compito di stabilire questi minimi spettava alla Commissione governativa presieduta dal sottosegretario Luca Liotti (prima di lui c'era stato, ai tempi del governo Letta, Giovanni Legnini), il presidente Fnsi Giovanni Rossi, il direttore generale Fieg Fabrizio Carotti, il presidente Inpgi Andrea Camporese e il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino. L'unico, per la cronaca, ad aver votato contro e ad aver immediatamente reso pubblico e criticato, sulla sua pagina Facebook, il documento con tutti i dettagli dell'accordo. 
Il risultato raggiunto dopo tanta attesa va infatti in senso contrario rispetto alle aspettative: la tabella dei compensi finisce per rendere i giornalisti autonomi potenzialmente ancora più poveri. «È un decreto truffa, contro il dettato della legge e contro quanto prescrive l’articolo 36 della Costituzione» tuona ad Articolo 36 Maurizio Bekar, coordinatore della commissione lavoro autonomo Fnsi. «L’aspetto pratico della delibera è una sotto retribuzione, non solo rispetto alle aspettative, ma rispetto alla possibilità di campare con questo lavoro. Poi certo quelli sono i minimi, ma voglio vedere se un editore applicherà di più». I numeri di cui parla Bekar sono effettivamente pessimi: secondo l’accordo sottoscritto, il trattamento economico minimo per un collaboratore coordinato e continuativo che lavora per un quotidiano producendo 144 articoli l’anno (di minimo 1.800 battute, dunque non “brevi”) dovrà avere un trattamento annuo di almeno 3mila euro, pari a 250 euro al mese. Calcolando una media di 12 pezzi al mese, significa 20 euro ad articoloPeggio della peggiore delle aspettative.
E man mano che la produzione di articoli sale c’è la contraddizione di veder diminuito il corrispettivo. «Siamo all’assurdo che più lavori meno vieni pagato. E si entra poi nella logica di dire che nonostante la frequenza della collaborazione non devi per forza essere inquadrato come articolo 1 o articolo 2, quindi come dipendente, ma puoi rimanere cococo o collaboratore esterno. Sottopagato». Sì, perché superati i 144 articoli, se il collaboratore che scrive per un quotidiano ne produce tra i 145 e i 288 sempre da 1.600 battute gli potrà essere applicato un equo compenso che sia non meno del 60% del trattamento economico minimo stabilito per i primi 144 pezzi, quindi per un totale in più all’anno di 1.800 euro. 
Uno dei punti cruciali è «se si sta al di sotto dei 3mila euro l’anno e dei 144 articoli l’equo compenso non potrà essere applicato». C’è poi un altro aspetto non di poco conto a cui evidentemente Fnsi e Fieg non hanno pensato e che invece l’Ordine dei giornalisti, per voce del presidente Enzo Iacopino, ha evidenziato con un testo scritto presentato proprio durante l’incontro tra le parti: «Ci sono due punti essenziali che non ci consentono di valutare positivamente la proposta di accordo tra Fieg e Fnsi che nel testo richiama al “lavoro autonomo”: il primo è il continuo riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, in contrasto con quanto prevede la legge sull’equo compenso che al suo articolo 1 prevede che gli interessati siano “i titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive”». Non solo, continua a scrivere Iacopino, «prevedere “per lo stesso committente” un numero di articoli (144 annuali) di almeno 1.600 battute per un importo di 3mila euro complessivi con una media di 250 euro mensili significa continuare a condannare alla fame migliaia di colleghi». 
Inoltre il testo, secondo Iacopino e molti altri, è in palese violazione rispetto all’articolo 36 della Costituzione che parla del diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione sufficiente a garantire a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. «La ratio della legge sull’equo compenso» conferma Bekar «doveva essere che un giornalista autonomo avrebbe dovuto avere un reddito per vivere. Ma con quelle tariffe sfido chiunque a poterci riuscire». Il vero problema di fondo secondo il coordinatore della commissione lavoro autonomo della Fnsi è che la legge invece di essere stata applicata è stata interpretata. «Bisognava applicare l’articolo 1, vedere la retribuzione dei dipendenti, i parametri di retribuzione oraria, trovare degli schemi che, ammetto, non erano facili. Come Commissione lavoro autonomo Fnsi avevamo proposto di pattuire con il datore di lavoro un tempo di lavoro, quindi il calcolo diventava matematico: se lavoravi 12 mesi da autonomo per quel datore di lavoro percepivi la stessa retribuzione lorda del dipendente. Si è però voluta introdurre artificiosamente una restrizione dell’area dei collaboratori a cui applicarla, solo e unicamente per venire incontro alle esigenze degli editori. Si sono inventati il parametro dei 3mila euro, e abbiamo pure avuto “fortuna” che non l’abbiano fissato a 5mila». 
La proposta della Clan Fnsi era sul tavolo della commissione presentata ufficialmente,«ma nessuno l’ha voluta portare al voto. Mai approvata e mai respinta». Così, prosegue Bekar, «dall’applicazione della legge si è passati a una trattativa tra le parti. Da questa logica è scaturito a questo obbrobrio giuridico contro la legge. E oltre alla parte giuridica, diciamoci la verità, ma uno come cavolo può campare con quelle cifre?» chiede animandosi sempre di più. Il testo concordato da Fieg e Fnsi potrebbe portare a ricorsi giudiziali. Per tanti aspetti: primo fra tutti perché si applica solo ad alcuni tipi di contratto, e poi perché introduce delle categorie limite di pezzi al mese. Mentre l’articolo 1 della legge sull’equo compenso, come riporta anche il testo presentato dall’Ordine, identifica come destinatari tutti i «titolari di un rapporto di lavoro non subordinato». 
Questo testo poi finirà per applicarsi, come spesso capita, solo agli sfortunati, quindi a quelli che non hanno un potere contrattuale tale da poter contrattare con il direttore il valore monetario del proprio lavoro. Per questo motivo Bekar lancia una provocazione: «Se chi ha approvato quella delibera ritiene che sia un punto di avanzamento per gli autonomi, sia coerente: abbandoni il lavoro di contrattualizzato e vada a lavorare da autonomo a quelle condizioni».
(21 giugno 2014)



Il resto dell'articolo al link: 
http://www.articolo36.it/articolo/equo-compenso-accordo-tariffario-fnsi-fieg

I parametri e gli importi approvati dalla Commissione Equo Compenso il 19 giugno 2014 al link: https://docs.google.com/file/d/0B90uiT3hESTjM1Vnb3lCelhoU2M/edit?pli=1

29 maggio 2014

IL PREMIO SIMONA CIGANA 2013-2014 E' ANCHE PER IL WEB

Il concorso in ricordo 
della giornalista pordenonese

Edizione 2013-2014
Per temi legati al Friuli Venezia Giulia
su testate italiane ed estere

il concorso amplia la sua formula al web
Scadenza iscrizioni: 10 luglio 2014

In ricordo di Simona Cigana, giornalista pordenonese emergente, strappata in giovane età a un futuro già ricco di impegni sociali e professionali nel settore dell’informazione, il Circolo della Stampa di Pordenone, con il sostegno di Famiglia Cigana, Banca di Credito Cooperativo Pordenonese, Federazione delle Banche di Credito Cooperativo del Friuli Venezia Giulia, Confartigianato Pordenone e il patrocinio di Ordine dei Giornalisti, Assostampa del Friuli Venezia Giulia, Unione Stampa Sportiva del Friuli Venezia Giulia ha indetto la 5a edizione del Concorso giornalistico nazionale annuale-multimediale-multilingue “Premio Simona Cigana”.
Finalità dell’iniziativa è incentivare la corretta informazione giornalistica e l’impegno professionale dei giornalisti italiani, soprattutto delle giovani generazioni.

I lavori ammessi al concorso dovranno trattare argomenti legati al Friuli Venezia Giulia, su testate giornalistiche italiane ed estere. Possono essere realizzati in lingua italiana o in una delle tre lingue minoritarie (friulano, sloveno, tedesco) tutelate dalla Regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia.
Sono ammessi esclusivamente i lavori pubblicati tra il 1° luglio 2013 e il 30 giugno 2014, su quotidiani e periodici della carta stampata, della radio, della televisione e on line regolarmente iscritti agli organismi ufficiali previsti dalla legislazione nazionale.


Il Premio si articola in 3 categorie:
Giornalismo d’Inchiesta, per i migliori articoli/servizi:
1° qualificato € 2.400,00 – 2° qualificato € 1.100,00
Giornalismo sportivo (non necessariamente d’inchiesta) per i migliori articoli/servizi:
1° qualificato € 1.200,00 – 2° qualificato € 800,00
Giornalismo economico (non necessariamente d’inchiesta) per i migliori articoli/servizi sull’Artigianato:
1° classificato € 1.000,00 – 2° classificato € 500,00
Termini di partecipazione: i lavori dovranno essere spediti entro il 10 luglio 2014 nelle modalità previste dal Regolamento del concorso, pubblicato sul sito web del Circolo della Stampa di Pordenone: www.stampa-pordenone.it

ALTRE INFORMAZIONI SUL BANDO DI CONCORSO


sul sito web del Circolo della Stampa di Pordenonewww.stampa-pordenone.it

10 maggio 2014

AUTONOMI E NUOVO CONTRATTO GIORNALISTICO: TROPPI INTERROGATIVI


di Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella e Laura Viggiano
(rappresentanti dei giornalisti lavoratori autonomi in Commissione contratto Fnsi)






Solo a ridosso di una possibile firma, si sta finalmente riaprendo un dibattito pubblico sul nuovo contratto di lavoro giornalistico. Ma è contraddistinto da troppi punti interrogativi. E, quali rappresentanti dei giornalisti lavoratori autonomi eletti in Commissione Contratto della Fnsi, non possiamo non esprimere forti preoccupazioni per i rischi che corre la parte più debole, sottopagata, senza tutele, ma allo stesso tempo maggioritaria della categoria: i giornalisti non dipendenti.

- UN CONTRATTO, MA CON EQUITÀ E RISPETTO PER IL LAVORO AUTONOMO
La ricerca di Lsdi del 2013 ha evidenziato che gli autonomi sono oggi il 60% dei giornalisti attivi, il doppio di 13 anni fa. È noto che, in realtà, diversi collaboratori svolgono ruoli da dipendenti, previsti nel contratto Fieg-Fnsi (artt. 1, 2 e 12), ma non sono inquadrati come tali. Il fatto poi che gli autonomi guadagnino in media 10-11.000 euro lordi l’anno (con spese, contributi e rischi a carico) e che la metà di questi abbia un reddito inferiore ai 5.000 euro l’anno, è non solo una condizione lavorativa inaccettabile, ma oramai un elemento deflagrante per la tenuta stessa della professione e del contratto collettivo.
Oggi il contratto dovrebbe garantire quantomeno un trattamento di equità per i giornalisti non subordinati. E non solo perché esistono giuste aspettative alle quali gli editori non danno risposte. Ma perché, senza il riconoscimento a tutti di pari diritti e dignità, si contribuisce a svuotare man mano anche il ruolo del dipendente. Come sta già accadendo. Dunque, perché gli editori non dovrebbero ridurre ulteriormente gli organici delle redazioni ed esternalizzare il più possibile il lavoro, potendolo affidare ad autonomi sottopagati che costano dalle 5 alle 7 volte meno di un dipendente?
Ci sono quindi diritti negati che non possono essere più ignorati o rinviati. Per questo sono necessarie risposte chiare e forti, da includere anche nel nuovo contratto. La soluzione, beninteso, non sta nelle assunzioni a tempo indeterminato per tutti ma in un mercato del lavoro che, accanto a giornalisti dipendenti preveda professionisti - di cui spesso già le aziende si avvalgono - messi in grado di fornire le loro prestazioni professionali con maggiori garanzie economiche e diritti, anche senza la certezza del posto fisso a vita.
- UN PROBLEMA E UN CONTRATTO DI TUTTA LA CATEGORIA
È intuitivo che le spinte degli editori, di corto respiro progettuale, vanno nella direzione opposta. Ma è proprio su questi punti che si gioca la tenuta del lavoro giornalistico, così come l’abbiamo conosciuto finora. Oggi, infatti, non c’è solo la questione del crescente impoverimento dei lavoratori autonomi, ma anche quella degli attuali dipendenti che rischiano nel prossimo futuro di diventare i “nuovi autonomi”. Un contratto davvero inclusivo è quindi interesse di tutta la categoria.
Sappiamo che la sfida è difficile, anche per la drammatica congiuntura economica, ma o sul lavoro autonomo si fanno oggi dei sostanziali passi avanti in termini di diritti, tutele e retribuzioni, o non si farà altro che confermare e legittimare l’esistenza di due diversi mercati del lavoro della professione: da un lato, una cerchia di garantiti e ben pagati, che man mano si riduce, e dall’altro una crescente e maggioritaria area di sottopagati e senza diritti, principale forza lavoro del giornalismo. Che, in condizioni di precarietà, non potrà essere sempre libero, indipendente e di qualità.

- L'EQUO COMPENSO
Uno strumento fondamentale a supporto di quest’obiettivo poteva essere la corretta applicazione della legge sull'equo compenso, con retribuzioni per tutti i non subordinati direttamente correlate a quelle dei dipendenti, così come prescrive la legge 233/2012. Sarebbe stato uno strumento cogente, che avrebbe ridisegnato anche i termini della trattativa sul contratto.
Ma l’equo compenso (peraltro ancora inattuato) è invece uscito sgonfiato dalla Commissione governativa in cui, tra l’altro, gli editori avevano solo 1 voto su 7. Inoltre, manovrando abilmente e facendo capire che se si fosse spinto troppo sull’equo compenso sarebbe saltato il tavolo del contratto, gli editori sono infine riusciti a ottenere una delibera d’indirizzo fumosa, che restringe la platea dei beneficiari della legge ai soli parasubordinati e ai non meglio precisati “economicamente dipendenti” (termine che non trova definizione nella normativa italiana, e neppure nella delibera). E ora gli editori puntano a ricondurre le ipotesi di “equità” a compensi mediamente già praticati da varie testate (dai 15 ai 25 euro lordi), comunque inadeguati per poter lavorare in modo professionale e vivere di questo lavoro.
Intanto però, mutuandole dal tavolo “governativo”, le ipotesi complesse e fumose dell'equo compenso sono state trasferite nella trattativa contrattuale.

- “ACCORDO POSSIBILE”, MA QUALE?
Il 17 aprile, dopo nove mesi dall’ultima riunione, il segretario generale della Fnsi e altri membri della segreteria hanno spiegato alla Commissione contratto che un accordo per gli autonomi «probabilmente è possibile» ma solo per il lavoro non subordinato economicamente dipendente”, cioè la formula utilizzata nella delibera per l’equo compenso.
In pratica la trattativa punta ad ottenere dei trattamenti minimi garantiti «per i lavoratori autonomi economicamente dipendenti e quindi in buona sostanza per i parasubordinati»Tale impiego verrebbe normato nell’Accordo allegato al contratto sul lavoro autonomo, ma arricchito da alcuni benefit di welfare, come l’iscrizione all’Inpgi 1 (anche se con contributi ridotti e da determinare).
Ma chi sarebbe un «economicamente dipendente»? Dovrebbe essere il collaboratore che scrive almeno 9-10 articoli al mese per un quotidiano nazionale - o 15 per uno locale - e percepisce un reddito da quella stessa testata non inferiore a 3.000 euro lordi annui. Facendo due conti, le retribuzioni a pezzo, come ipotizzato per l’equo compenso, sarebbero circa 15 euro a cartella per un quotidiano locale, e 25 per uno nazionale (lordi e con spese a carico).
Fermo restando che non è chiaro come si possa sapere a priori quanto si guadagnerà in un anno con una testata, per capire se si rientra in queste casistiche, viene da chiedersi quanti autonomi ne sarebbero inclusi e quanti esclusi? Per esempio: che ne sarà di quelli che hanno più rapporti di collaborazione, nessuno dei quali totalizza però 3.000 euro annui?
Anche la quantità di articoli è poi un elemento opinabile, che non tiene in conto l'elemento qualitativo. Ovvero, se uno ha poche collaborazioni annuali con una testata, ma ben retribuite, tanto da superare i 3.000 euro annui, è o no “economicamente dipendente”?
È poi complicato comprendere perché si avalli una simile definizione, inesistente nella normativa giuridica italiana. Oltretutto temiamo che la sopravvalutazione del dato economico a discapito della quantità e qualità del lavoro possa pregiudicare la possibilità di ricorrere a un giudice del lavoro per una causa di assunzione. E ciò anche in virtù di quella che la Cassazione ha definito una “subordinazione affievolita”, per le peculiarità e l'autonomia tipiche del lavoro del giornalista. Il rischio è che, seppure in buonafede, si giunga a un contratto che si riveli poi un condono tombale di diritti altrimenti rivendicabili, e per giunta in assenza di un adeguato controvalore.

- ANACRONISTICA LA RETRIBUZIONE A CARTELLA
Nel controproducente incrocio di trattative equo compenso-contratto («Pur sapendo che l’equo compenso è una cosa e il contratto ne è un’altra, vogliamo tenerli insieme», è stato riferito in Commissione contratto) ci chiediamo anche perché ragionare di «retribuzioni a cartella a scalare». Invece ciò che dovrebbe essere valutato ed equamente retribuito (in coerenza con le retribuzioni dei dipendenti) è il tempo di lavoro impiegato.
Per un servizio multimediale, o fotografico, o di approfondimento, ma a volte pure per una breve, si possono infatti impiegare anche varie ore di lavoro, certo non riconducibili alla cifra minima a cartella. Si costringerebbe allora il collaboratore ad estenuanti trattative economiche su ogni pezzo, e ad improbabili verifiche sull'effettivo rigaggio del pubblicato.
Mentre un accordo sul tempo di lavoro da retribuire (1 giorno, 1 settimana, 1 mese...) dentro il quale ci stia tutto (brevi, notizie, approfondimenti, reportage, foto, multimedia) sarebbe trasparente, di facile applicazione e verificabilità. Ed era proprio questa la proposta della Commissione lavoro autonomo Fnsi per l’equo compenso: retribuire il tempo di lavoro concordato, calcolato in coerenza con le retribuzioni dei dipendenti (soluzione, tra l’altro, prevista nella riforma Fornero per le retribuzioni dei cocopro), maggiorato dei costi di produzione e dei rischi assunti in proprio dal giornalista non dipendente. In alternativa, la stessa proposta (https://docs.google.com/file/d/0B9MDKDFrfuzSejVvRGMtR1VHamM/edit?usp=sharingsuggerisce di fare riferimento ai compensi minimi contenuti nell’ultimo tariffario dell’Ordine dei giornalisti del 2007 (http://www.odg.it/content/tariffario-2007), adeguati all’inflazione. Ma sembra essere stata ignorata, sia per l'equo compenso che nelle trattative per il contratto. Come altre proposte sul contratto, avanzate da più Assostampa regionali.

- ANCORA COCOCO, E NON LAVORO DIPENDENTE…
Inoltre non si parla più di «riscrittura degli art. 2 e 12 del contratto», per «portare dei collaboratori nel lavoro dipendente», come sostenuto più volte. Si ragiona invece solo sulla riscrittura dell’Accordo sui cococo (peraltro già ora non rispettato dalla maggior parte degli editori persino sui tempi di pagamento).
Se poi l’art. 2 del contratto fa riferimento a 2 - 8 collaborazioni (ma anche qui bisognerebbe introdurre il tempo di lavoro), un cococo quante ne dovrebbe fare in più o in meno? E che differenza c’è tra il tempo da dedicare al lavoro di un giornalista assunto e di un cococo?
Non bisogna poi dimenticare che, malgrado l'attuale Accordo sui cococo, questi sono solitamente in posizioni molto ricattabili: con contratti pro forma, talvolta solo verbali, senza possibilità di verifica della retribuzione dei pezzi pubblicati, o con richieste di pezzi gratuiti oltre a quelli pattuiti, o di impegno senza limiti d'orario, di riposo o ferie, o con richieste d'esclusiva.
In queste condizioni da Far West, come può l'orizzonte dei giornalisti lavoratori autonomi essere limitato ai soli cococo? Quanti saranno quelli riconosciuti “economicamente dipendenti”? E quelli (e quanti) non lo saranno, come verranno retribuiti? E, tra i cococo, quanti saranno in realtà i pensionati che continuano a lavorare sotto questa forma?

- “SANATORIA” CON UN COSTO DEL LAVORO PIÙ BASSO
C'è poi l'intento di “sanare” le posizioni dei collaboratori che lavorano di fatto in condizioni di dipendenza. A riguardo, in Commissione contratto è stato riferito che «si sta cercando di far transitare nel contratto i cococo simil-dipendenti che hanno già una soglia di reddito vicina a quella dei praticanti. Gli editori ci chiedono un canale privilegiato con un costo di lavoro più basso... Ci sono poi da valutare le misure da adottare per il reimpiego dei disoccupati».
Il problema, però, è capire cosa significa «costo di lavoro più basso», ed entro quali parametri e prospettive. Un periodo transitorio, con costi a carico dell'Inpgi? Sono garantite assunzioni a tempo indeterminato e a stipendio pieno? E per quante persone, e in quali tempi? Inoltre, tra i parametri di simil-dipendenza potrebbero esserne adottati anche altri, oltre a quello reddituale, come ad esempio la continuità e durata del rapporto, il ricavo di almeno l’80% del reddito del collaboratore, o il lavoro in esclusiva.

- LE NOSTRE RISERVE E PREOCCUPAZIONI
Poiché su tutto quanto fin qui descritto non ci sono ancora noti dati e percorsi certi, lo stato della trattativa contrattuale ci pare molto aleatoria, e ben poco rassicurante per i collaboratori e gli autonomi. Certo, una nostra valutazione tecnica potrebbe essere più precisa e articolata di fronte a una bozza di preaccordo con la Fieg, o di un documento in discussione, o di una piattaforma di richieste e proposte puntuali della Fnsi, di cui però a oggi non disponiamo.
Anche per questi motivi abbiamo sostenuto la mozione votata in Commissione contratto. Nella mozione, riguardo il complesso della trattativa, s’invitava sì la Giunta della Fnsi a continuare a trattare con la Fieg, ma ad evitare fughe in avanti per la firma del contratto, approfondendone preventivamente i temi e le possibili soluzioni in un confronto di merito con la categoria. E, per quanto riguarda il lavoro autonomo, si chiedeva «una regolamentazione inclusiva per la riduzione dell'area del precariato e del finto lavoro parasubordinato, tenendo conto delle indicazioni contenute nel documento elaborato dalla Commissione lavoro autonomo della Fnsi».
Il rischio infatti, allo stato attuale, è quello di firmare un accordo che salvi, forse, la tenuta dei conti dell'Inpgi e i parametri di chi un contratto da dipendente già ce l’ha. Ma che confermi, nella sostanza, che la maggior parte dei giornalisti attivi resterebbe esclusa dalle tutele del contratto collettivo, con retribuzioni che non permettono di vivere dignitosamente del proprio lavoro.

Maurizio Bekar
Maria Giovanna Faiella
Laura Viggiano
(rappresentanti dei giornalisti lavoratori autonomi in Commissione contratto Fnsi)

DOCUMENTI:
ON LINE, IL TESTO DELLA PROPOSTA CLAN-FNSI PER L'EQUO COMPENSO:

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IL TESTO DELLA PROPOSTA CLAN-FNSI, CON I CRITERI D'EQUO COMPENSO:

IL TARIFFARIO DELL'ORDINE DEL 2007